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Un anno da vertice

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L'allenatore della Lazio Edy Reja

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Nel ritiro precampionato, mentre «zio Edy» inforcava la bicicletta per le sue scorribande tra i monti del Trentino, gli addetti ai lavori provavano a scommettere: «ci arriva a Natale? Lo mangia il panettone?». E i pessimisti erano più numerosi: «Non è un allenatore di vertice», oppure «d'accordo, ha tanti anni in panchina alle spalle, ma pochissimi in serie A, si perderà». Edy Reja non si è perso. Non ha sofferto neanche di vertigini quando, prendendo una squadra ai limiti della zona retrocessione l'ha prima salvata e poi portata «lassù dove osano le aquile». Il primo anno del tecnico goriziano sulla panchina della Lazio si conclude proprio in questi giorni. Un'avventura nata con una vittoria fondamentale al Tardini di Parma e arrivata finora a un pareggio assai meno esaltante all'Olimpico col Chievo. Al di là del momentaneo finale agrodolce, si tratta pur sempre di 66 punti raccolti in 38 partite. Alla Samp, l'anno scorso, ne bastò appena uno in più per centrare la qualificazione in Champions. Ma Delneri aveva Cassano e Pazzini, Reja negli ultimi tempi ha dovuto farsi bastare, con tutto il rispetto, Kozak. È anche per questo che il tecnico probabilmente non merita i fischi piovuti dagli spalti nelle ultime apparizioni all'Olimpico. I matrimoni, nel calcio, non durano mai in eterno, a volte diventano stanchi e mal sopportati già dopo pochi mesi. Quello tra Reja e la Lazio vive una fase di raffreddamento. Il tecnico non ha ancora firmato il rinnovo del contratto e ha mal celato la delusione per un mercato di gennaio in cui la società non gli ha regalato neanche una delle pedine richieste. Per ritrovare vigore servirebbe forse un'altra grande impresa, come la qualificazione Champions, o magari anche una un po' più piccola, l'Europa League. In caso contrario, al di là di quello che dice il presidente Lotito, le strade di tecnico e società si dividerebbero. Resta metà stagione da scrivere. Si comincia domani a Brescia. Da ex. In trasferta, come un anno fa, sperando che le analogie non finiscano qui.

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