Ma quale amichevole
L'Italia torna sul luogo del delitto. Quasi cinque anni dopo quel 4 luglio del 2006 quando proprio a Dortmund sconfisse i padroni di casa e volò alla finale del mondiale in Germania contro la Francia di Zidane per realizzare un sogno inseguito per ventiquattro anni. L'urlo liberatorio di Grosso, dopo tredici minuti abbondanti del secondo tempo supplementare, è negli occhi dei tifosi italiani come, se non più, di quello che quasi un quarto di secolo prima Tardelli aveva liberato in Spagna: sempre contro la Germania e sempre in un mondiale che ci ha visto poi trionfare. Scene di ordinaria follia sportiva che hanno mandato in delirio una nazione e messa al tappeto un'altra, per una sfida che si è rinnovata nel corso del tempo ma che da sedici anni a questa parte si tinge di tricolore. Ed è forse anche per questo, ma non solo, che Germania-Italia in programma stasera al Westfalen Stadion di Dortmund, non può essere considerata in nessun modo un'amichevole: aldilà dell'ufficialità del test programmato dalla Fifa e che vede in campo le nazionali di mezzo mondo. I tedeschi non vincono contro di noi da sedici anni appunto e le ultime imbarcate sono state pesanti davvero e hanno inciso non solo sull'aspetto sportivo di un popolo che prima dell'ultima sfida di Dortmund, nella fase cruciale del mondiale in casa, ci aveva preso in giro con le solite battute su pizza e maccheroni. Ma da quello stadio, lo stesso di stasera, uscì, con pizza e pasta sotto braccio, una nuova Italia: quella che cinque giorni dopo avrebbe piegato la Francia di Zidane, favoritissima della vigilia, e alzato al cielo la coppa del mondo nella fantastica notte di Berlino. Di quella Italia resta ben poco (in campo solo capitan Buffon: e De Rossi che però non giocò perché ancora squalificato), c'è di mezzo un'imbarcata imbarazzante di Donadoni e un ritorno molto poco convincente del condottiero che aveva portato al successo gli azzurri in Germania. Le minestre riscaldate, e vale anche per il campione del mondo Marcello Lippi, nel calcio non funzionano e la delusione in Sudafrica sta lì a dimostrarlo: lampante, come le scelte sbagliate dall'ex ct viareggino che non ha avuto la flessibilità di chiudere con vecchi rancori e aprire al futuro. Con Prandelli è partito un nuovo ciclo, una nazionale ancora in via sperimentale che rischia oggi di sbattere contro il muro dell'orgoglio alzato dai tedeschi a Dortmund. Altro che amichevole, stasera saranno botte da orbi, per usare un eufemismo, perché quella sconfitta brucia ancora e il fatto che le due formazioni da allora non si siano mai più incontrate non fa che alimentare un clima di rivalsa globale. E non è un caso nemmeno che Prandelli, vista la condizione dei suoi e il poco feeling maturato in questa prima fase di preparazione in vista dell'Europeo del 2012, proprio per «l'amichevole che non è un'amichevole», riparte dalla coppia d'attacco più rodata: Cassano-Pazzini. Sì, c'è un Borriello in grande condizione, un Matri fresco juventino che scalpita, ma il ct azzurro vuole andare sul sicuro consapevole del fatto che perdere stasera potrebbe avere conseguenze un po' più corpose della classica sconfitta in un test che non conta nulla. Niente di clamoroso s'intende, il lavoro del nuovo ct è solo all'inizio, ma c'è in ballo il prestigio e la voglia di ben figurare di una nazione ferita: un Paese al quale non piace perdere nonostante la storia abbia insegnato altro. Perché alla fine... è sempre «Italia-Germania 4-3».