Parentesi che avrebbero evitato tutti
Unabella alluvione di partite amichevoli, che al solito non serviranno a nulla: né ai tecnici delle Nazionali, che difficilmente riproporranno le stesse formazioni, né ai giocatori che avrebbero preferito tirare il fiato, ma neanche ai tifosi, per i quali queste sfide tutte miele e camomilla hanno scarsa attrattiva. Dovremmo parlare, anzi, di mezze gare, perché in realtà i secondi tempi registrano una valanga di cambi, sono più i minuti dedicati alle sostituzioni ricorrenti rispetto a quelli effettivamente giocati. L'Italia, in attesa di intraprendere il cammino europeo interrotto in autunno, gioca una partita che ha riferimenti tradizionali di grande livello, il ricordo della semifinale messicana appannato, cinque anni fa, da quella di Dortmund che avrebbe spalancato agli Azzurri le porte di una finale destinata a un esito felice, ben diverso da quello dell'Azteca. Non so se i richiami storici saranno sufficienti a rendere accettabli i toni agonistici dell'ennesima sfida con la Germania, alla quale l'azzurro va di traverso, come testimoniato anche dall'atto conclusivo del mondiale spagnolo. Cesare Prandelli continua nella sua opera di ricostruzione dalle macerie fumanti che Marcello Lippi aveva lasciato con le sciagurate scelte per l'umiliante avventura sudafricana. Un dato significativo, per illustrare i problemi che un tecnico bravo e serio deve affrontare, lo fornisce l'esordio di Thiago Motta, nel quale riesce difficile individuare qualche connotato italiano. Mai considerato dalla Nazionale verdeoro, dunque abile e arruolato per la burocrazia calcistica di casa nostra, per giustificare la scelta i federali tirano in ballo i criteri di selezione dei nostri avversari di questa sera. Trascurano, però, un criterio a mio avviso fondamentale: i giovani schierati da Loew al Mondiale avranno nomi esotici, però sono nati in Germania, allevati ed educati in Germania, cresciuti in Germania, dunque tedeschi autentici a tutti gli effetti. Già lasciava perplessi l'impiego di Camoranesi, adesso si tende a ripercorrere la sciagurata strada della caccia all'oriundo, dimenticando che nel lontano 1958, era costata all'Italia l'unica, storica esclusione da una fase finale della Coppa del Mondo. Formazione iniziale già fatta, verde coppia centrale difensiva con Ranocchia e Bonucci, Chiellini dirottato a sinistra per avendo dimostrato di essere il più forte nel suo ruolo abituale. Cassani l'altro esterno, centrocampo con De Rossi, Thiago Motta, ma anche quel Montolivo che da tempo non ritrova livelli accettabili. Pazzini punta centrale, scelta incontestabile, a supporto Cassano nonostante la condizione ancora incerta, Mauri incursore alle loro spalle. Male che vada, non sarà una sentenza, ma forse neanche un'indicazione costruttiva.