Sfida della vita
Il campione si riscopre fragile. E' sottile il filo che lega la carriera di uno sportivo. Quello di Valentino Rossi, dominatore dell'ultimo decennio motociclistico, nel 2010 si è spezzato due volte. Gli infortuni alla spalla e alla gamba hanno lasciato dietro di loro un pilota diverso. Meno spavaldo, meno sicuro di sé. E non solo per l'orario dell'intervista («non sono abituato a parlare di mattina presto, ecco perché sembro pacato»). Valentino sa di non essere più l'invincibile, il favorito. E, dal «Wrooom» di Madonna di Campiglio che inaugura la sua avventura in Ducati, mette le mani avanti, chiede ai tifosi di avere pazienza, di non aspettarsi subito le vittorie, di dimenticarsi di avere a che fare con un 9 volte campione del mondo. Rossi, come sta la sua spalla? «Sinceramente a questo punto della stagione speravo meglio. Sarà una bella gara arrivare pronti al 1° febbraio, per i primi test in Malesia». Perché un recupero così lento? «La rottura dei tendini non è come una frattura. Nel secondo caso uno sportivo può precorrere i tempi, ma con i tendini ci sono tabelle da rispettare. Quando il medico a novembre mi ha aperto la spalla mi ha detto che non si aspettava di trovare una situazione così complicata. Tornerò al 100%, ma non prima di sei-sette mesi dall'operazione, diciamo ad aprile-maggio». L'avventura con la Ducati partirà in salita? «Lo si è visto già dai test di Valencia, quando non avevo proprio più forza per guidare la moto. Ora la situazione è diversa. Il dolore è sparito, ma mi mancano certi movimenti, ho difficoltà ad assumere la posizione giusta in rettilineo». Con il senno di poi non sarebbe stato meglio operarsi subito? «Potevo farlo dopo l'Australia, ma avevo già saltato quattro gare e non mi andava di restare ancora fermo». Il passaggio alla Yamaha fu meno traumatico? «Fu diverso, non solo per motivi fisici. All'epoca c'era la possibilità di fare più test prima del Mondiale. E poi la situazione si è invertita. Io ero al 100% mentre la moto doveva migliorare. Adesso la Ducati è già velocissima, sono io a dover recuperare». Ducati veloce ma anche terribilmente difficile da guidare... «La Desmosedici è una moto particolare. Sembra un prototipo, mentre quelle giapponesi sono quasi delle derivate di serie. E' cattiva, va sgrezzata. Ho due obiettivi. Il primo è vincere. Il secondo quello di rendere questa moto più guidabile». Finora è riuscito a domarla solo Stoner... «Sì, ma lui ha avuto tanto tempo per conoscerla. Dovremo incontrarci a metà strada. Anch'io adeguerò il mio stile. La Desmosedici va guidata sporca, con le unghie». La concorrenza sarà agguerrita. «I veri favoriti saranno Lorenzo e Stoner. Casey deve diventare più costante ma, dal punto di vista della moto, forse ha un piccolo vantaggio tecnico». Lorenzo invece è un campione dimezzato, senza Rossi in pista... «Non è vero, non conta come si vincono i titoli, conta vincerli e basta. Ha avuto un pizzico di fortuna, col mio infortunio e quello di Pedrosa, ma è stato sempre davanti». Le brucia ancora che la Yamaha abbia deciso di puntare sullo spagnolo a suo discapito? «No, è stata una decisione legittima, Jorge è molto forte e molto giovane. Prima della caduta del Mugello pensavo che sarei stato in Yamaha almeno un altro anno. Poi le cose sono cambiate». Mai pensato al ritiro? «Mai, credo di poter essere veloce e competitivo ancora per qualche anno». Come sarà il Gp del Qatar, il primo sulla Ducati? «L'esordio con la Yamaha in Sudafrica resta la mia gara più bella. Difficile vincere subito anche adesso, ma sarà comunque un'emozione enorme».