È ancora il numero 1
FabrizioFabbri Din, don, Dan. Campane per il maestro che ritorna: 23 anni e mezzo dopo Dan Peterson è di nuovo sulla chiglia di comando della sua Milano. Allora era Billy al PalaTrussardi, oggi è Armani Jeans al Forum. In un modo o nell'altro c'è il filo conduttore di uno stilista, che allora griffava il campo di gioco e oggi è il proprietario della società. Anche l'avversaria, guarda un po' gli scherzi del destino, è la stessa: Caserta. E così Peterson è tornato, quando sta per compiere 75 anni, e siccome il fato di scherzetti ama combinarne a bizzeffe in campo ad arbitrarlo ieri sera come allora un Martolini. Non più papà Maurizio, maestro dei fischi e di signorilità, ma il virgulto Alessandro, nuova leva e pronto a diventare internazionale. Niente divisa ufficiale di Armani per Dan ma una giacca cammello per un classico che non tramonta mai. Come lui che aveva lasciato il basket vincendo il tricolore quando per chiudere un'azione servivano 30" e non i 24 di oggi. E se a guardarlo in borghese c'è Dino Meneghin, uno degli alfieri di un tempo seduto accanto a Sandro Gamba, allora significa che il tempo è si passato ma sembra anche cristallizzarsi. L'amore della gente di Milano, quello sì, rimane lo stesso e Dan se ne accorge quando, dopo la consueta riunione prepartita nello spogliatoio fa capolino sul campo dove fino a 15 giorni fa commeatava l'Eurolega. «Signore e Signori.... Daaaan Petersonnn». L'urlo dello speaker è coperto dal boato dei tifosi e da un lungo applauso. Altro che «nano ghiacciato», soprannome coniato da quel volpone di Oscar Eleni che nella serata milanese ha gli occhi lucidi ed è sommerso dai ricordi come il coach. Poi la partita. Iniziata e finita in piedi, macinando nervosamente chilometri e tenendo fede a quanto promesso: tutti gli abili e arruolati in campo nei primi 10'. «Per fargli bagnare i piedi nella piscina», Peterson dixit. Time out consumati tutti d'un fiato, una volta alzando la voce, una volta con calma flemmatica. Po un consiglio quasi paterno al bimbo Melli, «Vai forte a rimbalzo», uno a Hawkins, «Muoviti senza palla», e un altro alla squadra, «la partita si vince in difesa, non li voglio più vedere tirare da sotto». E la partita va, scorre anche se la ruggine delle difficoltà di una squadra che deve ritrovare identità, Milano, non sono certo spazzate via. «Per ora non ho cambiato nulla. Voglio capire la squadra e poi decidere». Alla fine arriva il successo per 98-84. Serviva riaprire una storia tutta di nuovo da scrivere nel modo migliore e Peterson ha ricominciato da dove aveva finito: vincendo. «Non sembrava finire mai. Anche da telecronista 40' sono tanti, ma in panchina di più». Mamma puoi buttare la pasta, Dan è tornato e il basket italiano ha di nuovo un grande protagonista.