Il falco non vola più
.Se per l'invasore solitario Mario Ferri scorrazzare sui campi degli stadi italiani con qualche puntata eclatante all'estero (Mondiale compreso) finora era stato un gioco da ragazzi, la comparsata sul terreno di gioco di Inter-Mezembe rischia di costargli molto più che il processo con multa rimediato in Sudafrica. Il suo passaporto è nelle mani delle autorità di Abu Dhabi e gli tornerà in tasca solo dopo l'appuntamento col giudice. Quella è una giustizia abbastanza lontana dai parametri occidentali, dove la comprensione e la goliardia sono zucchero e miele sul gesto di beffare chiunque cerchi di impedirgli le sue sortite calcistiche. Il ventitrenne pescarese rappresentante di bevande (una delle quali dal nome sin troppo allusivo), fa i conti pure con il portafogli sempre più vuoto. E lancia messaggi rassicuranti in Italia: dopo aver detto ai carabinieri che si presenterà appena potrà riprendere l'aereo (era agli arresti domiciliari), assicura che non lo farà più, che l'esperienza gli è bastata, e che forse - ma questo non lo dice - lo ha fatto maturare, perché la vita non è sempre gioco. Lui è un pacifico, un elemento di colore in un calcio vissuto troppo maledettamente sul serio sette giorni su sette, ma le regole sono regole. E in ogni Paese vige un modo diverso di sanzionare violazioni e mancanze. Gli arabi non brillano per senso dell'umorismo e per temperanza, se è vero come è vero (lo racconta lui) che in prigione gli hanno messo le catene, e non certo perché temevano che prendesse il volo. Il «Falco» si appella adesso all'ambasciata italiana: da un lato affinché intervenga in suo aiuto, dall'altro perché prima si chiude questa storia meglio è. Prima, comunque, che finiscano i soldi per la vacanza fuori programma. Mario Ferri tira in causa anche Lele Mora, parlandone apertamente come suo «agente». Da uno spettacolo a un altro. Il suo prossimo appuntamento, con la giustizia italiana stavolta, ha già tutti i numeri dello show mediatico.