di BRUNO CONTI Enzo Bearzot è stato come un secondo padre per me, mi mancherà tantissimo.
Parlavasempre di più con chi giocava di meno per spiegare cosa succedeva. Non potrò mai dimenticare quando prima di partire per il Mondiale in Spagna ho avuto un infortunio con la Roma e volevo accorciare i tempi di recupero perché ci tenevo al Mondiale. Lui mi ha detto: «Bruno, recupera con calma, il posto è tuo, non te lo leva nessuno». Di lui ho ricordi bellissimi e non solo legati a quella meravigliosa spedizione in Spagna. A un certo punto avevamo tutti contro, ma lui ci protesse come meglio non si poteva e ci portò dritti al successo che scrisse una pagina indelebile nel nostro calcio. Purtroppo quattro anni dopo, nel 1986 ai Mondiali in Messico tutti avevano già dimenticato quanto aveva fatto Bearzot: ma questo è il calcio. Con lui non ho mai litigato, assolutamente, anche perché tra noi c'era un feeling naturale: ci dicevano che eravamo le scimmiette, che mangiavamo le noccioline per l'aspetto che avevamo e noi ci scherzavamo sopra. Con lui a volte non serviva neppure parlare, bastava uno sguardo un cenno e l'intesa era automatica. Dicono che era un po' burbero, schivo: è perché non lo hanno conosciuto davvero. Enzo era un vulcano sommerso e se poteva darti una mano lo faceva: io sapevo di poter contare su di lui... sempre. L'ho sentito l'ultima volta non più di quindici giorni fa, perché anche dopo tutti questi anni siamo sempre rimasti in contatto. Era un uomo normale, ma anche una persona straordinaria che mi ha trasmesso molto e non solo dal punto di vista calcistico. E soprattutto era una persona per bene... che non dimenticherà mai. Ciao Enzo!