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E il Falco beffa gli emiri

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Ilsale sulla coda del «Falco» non è riuscito a metterlo nessuno. Mario Ferri, 23 anni da Montesilvano, in provincia di Pescara, rappresentante per professione e invasore di campo per vocazione, ha colpito ancora: ha beffato magistratura, carabinieri, dogana aeroportuale, controlli allo stadio e si è ritagliato i suoi spiccioli di gloria ad Abu Dhabi. Correva il quarto minuto di gioco di Inter-Mazembe, finalissima della coppa del mondo per club, quando l'inconfondibile maglietta azzurra con la «S» di Superman ha violato il terreno di gioco davanti alle telecamere di mezzo mondo e a milioni di telespettatori. Comparsata internazionale, qualche secondo di celebrità, poi l'abbraccio perentorio del personale dei servizi di sicurezza che il «Falco» riesce sempre a eludere all'ingresso. L'aveva detto e annunciato sul web e su Facebook, e qualcosa avrebbero dovuto capire anche magistratura e carabinieri incaricati di tenerlo sotto controllo. Il giovane aveva infatti inviato i suoi saluti via web da Abu Dhabi, preannunciando l'ennesimo exploit, quando tutti lo davano a Montesilvano. Giovedì avrebbe dovuto presentarsi davanti al giudice per essere interrogato in merito a una lunga serie di invasioni pacifiche (sei) che gli erano costate denunce e proprio di recente gli arresti domiciliari, ma si era giustificato con un certificato dell'Inail: stato febbrile e malattia fino al 20 dicembre; per due volte i militari dell'Arma l'avevano cercato a casa senza trovarlo, proprio mentre il web rilanciava immagini di spiagge esotiche, naturalmente con lui a prendere il sole, e proclami neanche troppo sibillini. Quel biglietto aereo per Abu Dhabi l'aveva già in tasca e gli inquirenti lo sapevano. Il «Falco», è il caso di dirlo, si è trasformato in uccel di bosco ed è volato via. Nessuno si è accorto di quel giovanotto in aeroporto, né all'imbarco né all'arrivo, né allo stadio. Al quarto minuto il «Falco» ha fatto il suo ingresso trionfale - tra gli sguardi stupiti e un po' complici dei giocatori dell'Inter e congolesi - con la sciarpa del Milan in pugno e la t-shirt di Superman addosso ampiamente sponsorizzata da un bar di Pescara. Si è quindi consegnato alla security. Missione compiuta. L'avvocato che lo assiste per la lunga scia di imprese che va dalle partite di serie C a Spagna-Germania ai mondiali in Sudafrica, l'aveva abbondantemente sconsigliato. «Ma lui - ha detto Angelo Pettinella - ha voluto manifestare così la sua protesta contro un provvedimento che ritiene ingiusto. È incensurato, non violento, il suo è un gesto folkloristico». Per celebrare questa impresa sono già pronte 1.000 magliette autografate il cui ricavato sarà donato al reparto di ematologia pediatrica dell'ospedale di Pescara, con la consegna dell'assegno il 6 gennaio. Ma Ferri ci sarà? Niente di più facile che al rientro in Italia trovi ad attenderlo i carabinieri e il tintinnare di manette. Difficile che possa sgusciare di nuovo e andare a raccontare i trucchi del suo «passatempo» al Chiambretti Night. Anche in questo caso aveva glissato obblighi di dimora e di firma, abbagliato dai riflettori dello studio tv. Come per quelli dello stadio, Mario Ferri non sa resistere alle luci della ribalta. La kryptonite del Superman in salsa dannunziana, stavolta, sarà il martelletto della magistratura.

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