Il solito ignobile teatrino
SergioCampana, presidente dell'Aic, Demetrio Albertini, vice-presidente della Figc in quota all'Assocalciatori, Cristiano Lucarelli attaccante del Napoli, hanno trovato il male del calcio: Claudio Lotito. Il presidente-tiranno della Lazio ha fatto scoprire a tutta Italia il problema degli allenamenti dei fuori-rosa, ora diventato lo scoglio insormontabile della trattativa per il rinnovo del contratto. Si va dal presunto conflitto di interessi del numero uno biancoceleste perché toccato in passato dalle vicenda Mutarelli, Pandev e Manfredini e quindi poco lucido nel giudicare la situazione da rappresentante della Lega, al fatto che solo alla Lazio ci sono stati strappi di questo tipo tra club e calciatori. Difficile condividere anche se non si può negare che Lotito abbia una carattere focoso nell'affrontare certe tematiche. I tre autorevoli giudici, però, si sono dimenticati della gestione oligarchica del sindacato in questi 40 anni (ma quale categoria di lavoratori ha solo una sigla che li rappresenta?), alla vergognosa amministrazione della giustizia sportiva con evidente sperequazione a favore dei calciatori, ai privilegi consolidati di una categoria, i giocatori di serie A, che evidentemente non si rendono conto della crisi economica mondiale. I calciatori hanno i diritti dei lavoratori dipendenti ma gli onori dei liberi professionisti: una distonia che significherà pure qualcosa. L'Aic provi a capire che allenarsi in un centro sportivo per un paio d'ore al giorno, con spogliatoi e docce a cinque stelle, anche in un orario diverso dalla prima squadra, prendere lo stipendio non è mobbing, ma solo un colpo di fortuna. Chiedere ai lavoratori italiani sparsi sui tetti della penisola.