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Onore al merito! La premessa è d'obbligo visto quanto ha fatto la Roma nelle ultime sette uscite di campionato, dopo un avvio di stagione devastante con tabelle di marcia che la davano già per spacciata.

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Èstata invece la riscossa dei vari Greco, divenuto ormai titolare quasi inamovibile, Simplicio che s'è guadagnato rispetto e stima da tutti, di Castellini e Brighi chiamati a sostituire i «titolari» rispondendo sempre all'appello di Ranieri. Dello stesso Menez che rischiava di finire nel cassette delle promesse bruciate, inespresse. Ma anche la riscossa di un tecnico già messo alla porta da molti e tornato invece ad essere l'imperatore della capitale (Roma è fatta così...). E della serie i detti popolari non sbagliano mai, a Trigoria è tornato di moda il vecchio adagio «la fortuna premia gli audaci». Ed è stato proprio così, perché finora tutte le scelte, anche a prima vista azzardate dall'allenatore, hanno pagato e portato punti in casa giallorossa. Sul «satellite» attribuito a Ranieri lui stesso ha più volte scherzato: perché senza fortuna non si va da nessuna parte e il testaccino è uomo di spirito. Se poi il criterio viene applicato anche a qualche altro elemento fondamentale della squadra va ancora meglio. Alzi la mano chi, dopo il palo Sanchez rimbalzato sulla schiena di Julio Sergio, non ha esclamato: «Ammazza che cu...!». Vero, il portiere giallorosso (al quale concediamo gli scongiuri del caso) ha in questo momento dalla sua anche una Dea Bendata che lo aveva per lungo tempo dimenticato. Ma attenzione perché il portiere, soprattutto in una piazza come quella romana, è un ruolo difficilissimo da interpretare e vivere: un giorno sei il padrone della città, quello dopo l'ultimo dei rincoglioniti. Doni docet!

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