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Calcio lacerato da infortuni e show business

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Ildifetto non può stare nei protagonisti dei tornei perchè ogni giorno arrivano notizie di affermazioni o di omaggi ad allenatori o ex giocatori italiani come Spalletti che vince un campionato ad Est o come Baggio e Zola ricevono riconoscimenti di grande valore anche personale. E invece il meccanismo del calcio-spettacolo, così come lo abbiamo accettato e lo realizziamo, che merita una riflessione, e il sindacato calciatori, che sta combattendo una difficile battaglia con la Lega di serie A, non dovrebbe limitarsi a tutelare i diritti contrattuali dei suoi tesserati meno favoriti dalla sorte o dall'andamento del torneo per il club di appartenenza, ma sarebbe giusto che si impegnasse anche alle condizioni in cui i protagonisti del campionato e delle Coppe sono costretti a lavorare. E se non lo fa Campana, che pure ha tanti meriti e il record della permanenza in carica, potrebbe cominciare a pensarci Buffon, se è vero che - come si è letto da qualche parte - avrebbe deciso di fondare a sua volta un altro sindacato. Nel campionato antecedente all'avvento del calcio-spettacolo e della bulimia televisiva, si rispettavano regole ritenute sacre ed ereditate da una tradizione di oltre cento anni: per esempio, che le partite del campionato nazionale dovessero essere disputate tutte nella stessa giornata e cominciare tutte alla stessa ora, per evitare calcoli scorretti o anche, semplicemente, indicazioni favorevoli a questa o quella squadra rispetto alle loro rivali. Questa regola, rispettata in tutte le situazioni salvo l'eccezionale esigenza di recuperare partite arretrate o spareggi, è stata frantumata dalle esigenze delle emittenti televisive e dell'accaparramento da parte dei club dei loro famosi «diritti». Gradualmente si è passati dalle dispute sulle trasmissioni in diretta alla scoperta di una frantumazione degli orari e perfino delle giornate di un determinato turno del torneo, senza preoccuparsi del caos in cui si finiva per per gettare il calendario, non solo, ma anche la professione del protagonista, i suoi spostamenti, i suoi allenamenti, i suoi pasti, i suoi nervi, nonché la stessa condizione degli spettatori e dei cronisti. E il mondo del calcio-spettacolo, anziché continuare a somigliare a quello inventato dagli inglesi sul finire dell'Ottocento, è andato via via trasformandosi in un sistema piuttosto vicino al cinema, al teatro, alla tv, ricco di interesse e di stimoli ma sempre più lontano dalla logica dello sport, dei muscoli, dei nervi. Naturalmente, ora non si può pretendere di tornare agli anni della Pro Vercelli e del Novara, e nemmeno a quelli di Meazza e di Piola, ma un rimedio al confuso delirio delle 20 squadre di serie A, delle Coppe continentali e nazionali, delle competizioni internazionali a getto continuo e soprattutto dei calendari impazziti bisognerà pur trovarlo, proprio per salvare lo spettacolo.

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