Nostalgia Mou
diGIANFRANCO GIUBILO Basterebero i sedici trofei, quelli dell'Europa vera, nelle bacheche delle due società, per illustrare con l'etichetta della storia la rivincita tra Milan e Real Madrid, sottomesso al Bernabeu quasi senza possibilità di replica e ormai votato esclusivamente al piazzamento di prestigio, con passaggio del turno, alle spalle della corazzata spagnola. Per la quale parlano le cifre: nove punti in tre gare, appena cinque gol segnati, ma con una valanga di occasioni create, e neanche uno al passivo, una sbalorditiva controtendenza rispetto alla storia recente del Real, teoricamente galattico in attacco ma fragile, talvolta fino all'imbarazzo, nella fase difensiva. Sarebbe sufficiente questo dato per valutare lo spessore dei correttivi apportati dal nuovo timoniere, che sa come si vince e forse sa allontanare i malumori di un tifo romantico, poco riconoscente nei confronti di Fabio Capello. Che due campionati li aveva vinti, nonostante in entrambe le occasioni avesse dovuto confrontarsi con l'innegabile superiorità dell'organico del Barcellona, non ancora rivitalizzato da Pep Guardiola. Ancora una volta devastante l'impatto di Josè Mourinho con la nuova realtà: e naturalmente l'aspetto mediatico assume nuovamente dimensioni straordinarie. Personalmente, da interprete della comunicazione in Italia, mi sento orfano dello «Special One» e della sua ricorrente capacità di frantumare gli schemi dell'ipocrisia e della banalità. Ogni sua conferenza stampa valeva il prezzo di un ipotetico biglietto, ma anche gli atteggiamenti a bordo campo, oggetto di feroci censure dei bacchettoni, avrebbero meritato un'intelligente rivisitazione. Né le manette, né altri intermezzi teatrali, nulla era fine a se stesso, la squadra e la società protette e blindate, il petto offerto alle raffiche dei nemici senza fare una piega, un viatico fondamentale per il «triplete» che ha garantito l'estasi ai tifosi nerazzurri. Ho visto ieri le immagini di un ragazzo bravo e intelligente come Allegri: però con il capelluccio corto e rifinito, secondo le istruzioni di un patron che all'estetica ha dedicato sempre ampie risorse. Penso che, se un invito del genere fossero stato rivolto a Mourinho, la replica sarebbe stata secca e forse poco gradevole: sicuramente mai formale e ipocrita. Provate a fare un confronto con le conferenze stampa attuali, perfino la pacata educazione di un Benitez e di un Ranieri stenta a suscitare qualche sentimento realmente lontano dalla noia della quotidianità. Dubito che il calcio italiano possa ritrovare, in futuro, un personaggio come lo «Special One». Che non era un pirla: lo aveva annunciato subito, lo ha dimostrato.