Rossi e Reja due strateghi di primo livello
Peròqualche merito gli va riconosciuto, perché non fa mai mancare un pizzico di peperoncino a eventi agonistici che non supererebbero, altrimenti, il livello della normale amministrazione. Non ne avvertiva l'esigenza, forse, il confronto tra Palermo e Lazio, perché quando è di scena la capolista del campionato nessuna sfida può essere definita banale. Però Zamparini ha acceso i riflettori dell'attezione con la polemica, stavolta sicuramente non sguaiata, nei confronti di Edy Reja, il leader laziale. Che si troverà di fronte uno di quegli «ex» il cui addio non ha lasciato insensibili i tifosi romani: come Delio Rossi, ora al timone dei rosanero (ma perché non chiamarli rosaneri, come gli altri bicolori del campionato?). Ricca di fascino, dunque, la partita di cartello del programma domenicale, nel caldissimo scenario della Favorita, con motivo di particolare suggestione proprio nel confronto tra due tecnici che possono essere definiti due strateghi, senza cadere nell'iperbole. Delio Rossi aveva lasciato Roma due anni fa, concludendo una stagione impreziosita dalla conquista della Coppa Italia, alzata all'Olimpico grazie alla vittoria ai rigori sulla Sampdoria, dopo che un anomalo quarto di finale aveva interrotto il duopolio Inter-Roma. Ritroverà molti interpreti di quella sua avventura, anche nomi illustri: da Zarate a Matuzalem, da Rocchi a Mauri, da Muslera a Brocchi e Ledesma, non ci saranno Pandev e Kolarov, più qualche svincolato, ma le testimonianze di affetto saranno ancora numerose. Attento come pochi all'impostazione tattica, lo sanno bene i romanisti puntualmente in sofferenza nelle stracittadine, Delio Rossi è già un eroe a Palermo, se finora è riscito a sopravvivere ai capricci del suo bizzoso patron. Sa bene che gli alti e bassi della sua ambiziosa formazione sono dovuti anche alle concessioni agli umori presidenziali, la predilezione per la fase offensiva che molto produce, mentre la retroguardia annaspa. Però non è colpa del tecnico se la società ha fatto cassa con l'addio a Kjaer, la migliore prospettiva del reparto. Ma c'è da aspettarsi qualche mossa che crei impaccio ai meccanismi laziali, fin qui irreprensibili. Ha quindici anni più del suo rivale Edy Reja, del quale i più distratti hanno dimenticato i meriti acquisiti nella lunga carriera, sempre onorata da lucido senso nella misura, anche negli atteggiamenti. Un vecchio amico, del quale mi piace ricordare la spettacolare formazione Primavera dell'Udinese, da lui costruita e gestita. Trattato dal Napoli con scarsa eleganza, Reja è arrivato sulla sponda laziale del Tevere, riuscendo nella non facile impresa di raggiungere una salvezza che i dissidi societari e i malumori dello spogliatoio avevano fatto apparire quasi chimerica. Si è rimesso al lavoro senza chiedere la luna, gli è bastato un solo innesto, ma soprattutto il quotidiano confronto con interpreti di rango ben superiore a quello disegnato dal recente passato, per realizzare quello che è stato definito un miracolo. Ma che tale non è, pesando il reale valore delle risorse a disposizione. Grande capacità gestionale, ma soprattutto la serenità che consente varianti e turnover anche ad alto livello senza un solo mugugno, questi i segreti della Lazio, pronta ad affrontare a testa alta il duello (al sole, si spera) tra due strateghi di primo livello.