All'ultimo stadio
La federazione serba accusa quella italiana, Maroni il sindaco di Genova che non replica, Blatter finalmente dice una cosa giusta sullo stato comatoso degli stadi italiani e se la prende con la Figc che a sua volta ammonisce il grande vecchio della Fifa: dovrebbe parlare di Moreno e non di questioni italiane. È tutti contro tutti mentre Ivan il terribile passa le notti in carcere e il suo avvocato annuncia un tardivo e inutile pentimento. Le polemiche non si spengono dopo la notte di follia di Marassi ma, al di là dell'episodio gravissimo e delle responsabilità tutte ancora da accertare, resta una certezza: gli stadi sono vecchi e studiati per un calcio che non c'è più. E non perché ci sono costati l'organizzazione degli Europei del 2012 e quelli del 2016 ma per una semplice questione di ordine pubblico. Sono stati messi a norma con le zone antifiltraggio, tornelli e quant'altro, è stata varata la tessera del tifoso ma su impianti vecchi che, alle prime difficoltà, dimostrano di essere completamente inadeguati. Il sottosegretario con delega allo sport Rocco Crimi da tempo chiede che la legge sulla costruzione dei nuovi impianti venga sbloccata dal Parlamento (è ferma da oltre un anno). Appelli caduti nel vuoto, ribaditi ieri dai presidenti della serie A riuniti a Fiumicino: «Con i nuovi stadi non sarebbero successi i fatti di Genova». E anche il ministro Maroni, impegnato nella strenua difesa della gestione dell'ordine pubblico a Marassi dove «i poliziotti hanno evitato un altro Heysel», ha centrato il problema: «A seguito di quanto accaduto sarebbe oggettivamente giusto formare un elenco di stadi che in caso di criticità possano determinare dei rischi». Come dire che gli impianti italiani sono anche a norma ma solo dopo ristrutturazioni e deroghe molto discutibili. Ecco quindi che si ritorno alla legge che giace in Parlamento e che potrebbe garantire un maggiore sicurezza ai tifosi di tutte le squadre. Intanto continua lo scaricabarile tra Italia e Serbia per quanto accaduto martedì scorso al «Ferraris» di Genova. Zoran Lakovic, segretario generale della Federcalcio di Belgrado, va giù duro: «C'è stata un'organizzazione disastrosa. Durante la riunione delle 10 abbiamo avvertito la Figc e anche il delegato Uefa di quello che poteva accadere. Non c'è stata alcuna risposta e allora tre ore dopo abbiamo rinnovato l'allarme perché i teppisti erano già in città. L'ultima chiamata l'abbiamo fatta alle 18». Inevitabili le difese d'ufficio di Abete e del presidente del Coni Petrucci: «Abbiamo fatto il possibile per evitare il peggio». Tutto giusto ma basterebbe una legge per mettere tutti d'accordo e ricominciare a costruirsi una credibilità.