Sembrava rivivere l'incubo dell'Heysel
Tuttisotto accusa, non soltanto la schiera di delinquenti scesi dalla Serbia per impedire alla loro Nazionale di giocare, dura punizione per la disfatta con l'Estonia. Hanno prodotto devastazioni in città, prima di prendere in ostaggio uno stadio e i suoi pacifici spettatori, quelli che avrebbero voluto assistere a un evento sportivo. Pesanti responsabilità, non soltanto da chi aveva organizzato il raid punitivo, ma anche di chi avrebbe dovuto garantire il filtraggio ai cancelli e ha consentito alla banda armata di portare dentro lo stadio petardi, fumogeni, ogni genere di oggetti pericolosi. Ma anche l'Uefa va sul banco degli imputati: mai avrebbe dovuto avere inizio la partita di Marassi, sottratta per altro anche alle famiglie che avevano sognato una serata di festa, costrette a lasciare l'impianto per garantirsi l'incolumità. Per fortuna, al disopra dell'ottusità dei burocrati dell'Europa del calcio si è elevato il decisionismo di un arbitro coraggioso. Ha detto basta, lo scozzese Thomson, dopo pochi minuti: del resto aveva fatto intendere, risparmiando ai serbi un rosso clamoroso e un rigore, che avrebbe considerato la partita giocata pro forma. Già segnato il risultato, l'inevitabile 3-0 che lancia l'Italia al primato con distacco, ma senza gioia, senza esaltazioni. Dispiace per giocatori amici, come Stankovic, come Krasic, ma è inevitabile che adesso la Serbia dovrà affrontare pesanti conseguenze disciplinari, l'addio alla fase finale del Campionato d'Europa sembra ormai scontato. Per qualche tempo, mi è parso di rivivere l'incubo dello stadio Heysel, un clima di guerriglia che annunciava tragedia. Non ci sono state vittime, a Marassi, grazie anche al senso di responsabilità del quale va dato atto alle nostre forze dell'ordine: un'azione di forza nel settore presidiato dai facinorosi avrebbe potuto avere conseguenze irreparabili. Brutti segnali già dal pomeriggio dei giovani, fuori dall'Europeo e fuori dalle Olimpiadi, travolti dalla Bielorussia, non sono messaggi positivi per chi guarda al futuro azzurro, le possibili alternative restano in lista d'attesa. Archiviata dunque la lunga parentesi dedicata all'Europa, si torna ai problemi di casa nostra, d'obbligo indulgere subito al censimento dei danni prodotti dall'attività delle squadre nazionali. Sempre in attesa che i club alzino la voce per comunicare ai vertici del calcio continentale e mondiale di non poter tollerare oltre una situazione insostenibile. Anche se per decenni nessuna lega professionistica, salvo qualche impennata tedesca, con Kaiser Franz in prima linea, ha mosso un dito per impedire che i loro dipendenti vengano sfruttati da altri senza un accettabile indenizzo o almeno clausole assicurative pesanti per i ricorrenti infortuni. L'Inter non avrà Milito e Cambiasso per un mese, altre società, tra le quali la Roma, dovranno valutare le condizioni di giocatori reduci da malanni «continentali», su tutti De Rossi e Vucinic, lui vittima del malocchio di Don Fabio. Gli stipendi, che io sappia, non sono le federazioni a pagarli. Nell'attesa, festeggiamo un clamoroso trionfo della Lega: si giocherà il giorno della Befana. Ne è passato del tempo perché un timido segnale di buonsenso si manifestasse.