Perso il primo round
Paganini non ripete, Vettel sì. Primo al traguardo e al via come un anno fa. Una doppietta completata da Mark che si è levato la soddisfazione di strappare il «fastest lap» al compagno-rivale nell'ultimo dei 53 giri. Dietro ai piloti di Chris Horner, Alonso, il duo McLaren, sesto Schumacher, che va a punti per la 200ª volta, e l'incredibile Kobayashi. Adesso lo sprint iridato è meno magmatico: Webber consolida la testa della classifica con 220 punti, Vettel risale a quota 206 in coabitazone con il ferrarista, Hamilton, 192, e Button, 189, perdono terreno e speranze. Che Suzuka fosse un tracciato adatto alle Red Bull si sapeva, ma che in pratica si dimostrasse disegnato, anzi cucito, sulle monoposto angloaustriache lo avevano capito solo in Ferrari dove si sono limitati al compitino. Ci sono ancora tre round (il giallo Corea dovrebbe essere risolto domani dalla Fia) e due di questi dovrebbero essere favorevoli al Cavallino che oggi ha preferito un podio sicuro a qualsiasi azzardo. La McLaren lascia il Giappone con l'amaro in bocca, poteva fare di più, poteva ottenere di più anche grazie all'uscita di scena di Kubica (al 3° giro ha perso la ruota posteriore destra) autore di un gran terzo posto nelle inusuali qualifiche mattutine e di un'ottima partenza ai danni dell'australiano della Red Bull. Hamilton era scattato bene guadagnando due posizioni e, dopo aver montato le dure, aveva una macchina più performante che gli ha permesso uno strepitoso sorpasso su Kobayashi (indiavolato a sua volta), ma al momento di insidiare Alonso, intorno al 40° giro, la sfortuna fantozziana lo ha colpito di nuovo. Ironia della sorte, è saltata la terza marcia di quel cambio nuovo sostituito poche ore prima e costatogli la retrocessione sulla griglia (da 3° a 8°). In un circuito tutto curve ha incrociato le dita per arrivare in fondo. Alla Spoon non si poteva difendere dall'attacco di Button, unico tra i piloti a iniziare con pneumatici duri per ritardare il pit stop obbligatorio. Ma quando ha montato le morbide si è mangiato le mani perché era più forte di prima. Troppo tardi. Il team che fu di Ron Dennis non ha brillato per capacità decisionale in ottica Mondiale. Non si capisce l'ok al sorpasso di Button: o in McLaren non sanno che il giovane inglese ha più punti dell'altro e dunque qualche chance in più di vincere il titolo oppure pensano di aver già perso e alzano bandiera bianca. Non congelare le posizioni a favore di Hamilton è stato un regalo agli avversari. Il momento clou della corsa è al via. Nel giro di schieramento Di Grassi esce violentemente di pista e alla luce verde due carambole. Petrov picchia su Hulkenberg (l'errore è del russo che in Corea sconterà la penalizzazione di 5 posizioni in griglia) e Massa fa tutto da solo nei primi 50 metri. Disastroso il brasiliano che, chiuso da due vetture, invece di frenare, scarta sull'erba umida e scivola a mo' di kamikaze sull'incolpevole Liuzzi. Per levare macchine a pezzi e detriti, c'è l'ingresso della safety car, quando rientra il gruppo fila via liscio: Vettel fa il battistrada, Webber tiene il passo, Alonso amministra con saggezza, gli altri incassano. Nessun colpo di scena durante i pit stop, le emozioni arrivano dalle retrovie. Su una pista estremamente tecnica, è battaglia vera tra Rosberg e Schumacher, coinquilini in Mercedes. Il team pensa già al 2011 mentre i due se le danno di santa ragione. Ancora una volta in pista vince il coriaceo figlio d'arte che non apre la porta al sorpasso di Schumi, lamentoso con il muretto. Buon per lui che di lì a poco Rosberg sia costretto al ritiro. Tra due settimane il circus sbarca in Corea. Si corre o no? Dipenderà dall'asfalto. L'ultima sorpresa di un campionato rocambolesco.