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In fuga dalla Roma

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Il presidente della Roma, Rosella Sensi

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La Roma implode e si spacca in mille pezzi. Quando Rosella Sensi e Francesco Totti provano a rimetterli insieme ormai è già troppo tardi. Da ieri la crisi è conclamata e va ben oltre i risultati deludenti. Nel tritacarne giallorosso c'è dentro di tutto: rapporti tesi a ogni livello, allenatore confuso e squadra sfilacciata. L'effetto è devastante in proiezione futura. La vendita della società si è bloccata sul nascere, tra rinvii e aggiustamenti del dossier da spedire agli acquirenti. Doveva essere pronto da settimane e invece non è stato ancora spedito. Il motivo? I dati del bilancio non hanno aiutato il lavoro di Rothschild, ma in realtà dietro tanto movimento attorno alla Roma c'è ancora poco di concreto. Così Unicredit, impegnata su ben altri fronti, ha deciso di temporeggiare. Intanto i potenziali compratori invece di avvicinarsi, scappano. Gli ultimi sono i proprietari dei Red Sox di Baseball, il gruppo americano New England Sports Ventures, che aveva chiesto informazioni sulla Roma e alla fine si è comprato il Liverpool. Una trattativa da 300 milioni di euro conclusa in poche settimane, mentre qui prosegue la lenta agonia. Dalla Russia il ricchissimo Fedun, anche lui accostato al club giallorosso, si tira fuori quasi con disprezzo. «Ho lo Spartak, perché mai dovrei comprarmi un'altra squadra?». Benzina sul fuoco che nel frattempo ha già dilaniato Trigoria. La terribile giornata romanista è iniziata con la lettura delle parole scritte dal capitano sul Corsport: «Se chi ha il potere decisionale in questa società ritiene che sono diventato un problema, ha il dovere di dirmelo, affinché io possa prendere le mie decisioni». E poi, senza nominarlo, un attacco a Montali, il dirigente che secondo Totti non ha difeso la Roma perché impegnato a «ricollocarsi in futuri assetti societari». La Sensi ha letto, tremato, sbottato. Prima che ordinasse il silenzio stampa assoluto a Ranieri, giocatori e dirigenti (potranno, forse, parlare dopo la gara con il Genoa) Totti ha provato a indorare la pillola. «Sulla Roma punto ancora e sempre, anche quando le cose non vanno bene. Sto un po' giù ma vado avanti - promette il capitano - anche Ranieri è sereno. C'è la voglia di riprendere la via giusta, questa è una settimana importante per recuperare anche perché non si gioca. Non metterei la firma sul terzo posto». Uno slancio di ottimismo che si perde nel caos generale. La Sensi ha scritto una lettera dura, il cui destinatario principale è proprio il capitano. «A lui - spiega la presidentessa - dico che è un simbolo della Roma e continuerà ad esserlo sul campo di gioco e, come capitano, nel dare esempi positivi ai suoi compagni e ai tanti giovani che lo considerano un modello. Totti sarà, spero il più tardi possibile, anche un dirigente e per questo mi aspetto da lui un contributo decisivo nel presente e nel futuro». Più bastone che carota, insomma. Rosella invita i tifosi a stringersi attorno a Ranieri, minaccia il ritiro, «siamo pronti ad accendere le luci per le ripetizioni notturne...», e chiede una risposta alla squadra: «Servono i fatti che passano dall'allenamento, al sudore in palestra, dall'alimentazione ai comportamenti». Già perché Adriano non è l'unico sovrappeso del gruppo e ormai non passa un giorno senza che qualcuno si ribelli. Ieri dalla nazionale Under 21 addirittura Okaka ha alzato la voce: «Se avrò la possibilità me ne andrò, non ci sto a restare fuori altri due anni». Ci mancava solo lui.

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