Da Piola a Casiraghi l'epopea Lazionale
Torna, con Sergio Floccari, un laziale al centro dell'attacco, sempre che Prandelli gli conceda almeno una chance in questo doppio confronto che vale la fase finale del Campionato d'Europa. Non è stato un evento troppo frequente, nella lunga storia azzurra, si registra qualche comparsata, il secondo tempo di Vivolo nella sconfitta romana contro la grande Ungheria, ma anche presenze fondamentali. Giusto rendere omaggio anche a Christian Vieri, quattro gettoni da laziale, e soprattutto a Bruno Giordano, dodici volte azzurro, però meritevole di ben altra considerazione rispetto a quella che i vari tecnici della Nazionale gli hanno dedicato. Straordinario talento, l'attaccante romano, di lui diceva un grande portiere come Franco Tancredi: «Non vorrei mai trovarmelo davanti, è l'unico giocatore che ti può fare gol da qualsiasi posizione». E neanche a dire che Bruno fosse un carattere difficile da gestire: troppo buono, anzi, al punto di accollarsi responsabilità non sue nella penosa vicenda del calcioscommesse. La figura di riferimento rimane però, in assoluto, quella di Silvio Piola, il vercellese a lungo idolo della tifoseria biancoceleste. Ricordo quando, giovanissimo, giocavo nelle giovanili laziali e accompagnavo mio fratello Corrado, portiere della prima squadra, nello spogliatoio. Spettacolo impressionante quello dei parastinchi di Piola. Pesanti barre di acciaio a difesa di quelle gambe preziose che per i difensori erano un obiettivo primario, il pallone lo vedevano poco. Silvio Piola, lanciato da Pozzo nella vittoria sull'Austria a Vienna del '35, segnò la doppietta decisiva, guadagnandosi la successione di Schiavio, eroe del Mondiale vinto nell'anno precedente. Ma grande protagonista sarebbe stato tre anni dopo in Francia, secondo trionfo per Vittorio Pozzo e la sua schiera: due gol alla Norvegia, uno alla Francia, due in finale all'Ungheria, dopo essersi procurato il rigore risolutivo nella semifinale col Brasile. Sorprenderà scoprire che Gigi Casiraghi vanta dieci presenze in più rispetto a Piola, ma va connsiderato che negli Anni Trenta e fino a qualche decennio più tardi, gli impegni della Nazionale erano pochissimi. Giorgio Chinaglia, altro monumento della storia laziale, con l'azzurro ha avuto un rapporto controverso. Di lui si ricorda naturalmente l'azione, tutta di potenza, che consentì a Capello di firmare la prima vittoria italiana a Wembley, purtroppo l'opinione pubblica è più propensa ad accostarne l'immagine alla sceneggiata di Stoccarda. Sostituito con Anastasi nell'incontro con Haiti, si produsse in uno dei più celebri «vaffa» della storia del calcio, rivolto a Ferruccio Valcareggi, che lo avrebbe escluso nel pari con l'Argentina, invano accordandogli nuova fiducia nella sconfitta esiziale con la Polonia. Ma nei cuori dei laziali Giorgione resta un'icona, si celebra il grande campione, si perdona il mediocre dirigente.