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Floccari abbracciato da Rocchi

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L'esempio migliore gliel'ha dato mister Reja. Se a 65 anni si può guidare per la prima volta una squadra di vertice in serie A, a quasi 29 si può essere ancora in tempo per abbracciare la maglia della Nazionale. E non in un'amichevole qualsiasi, ma in una doppia sfida cruciale per il cammino europeo dell'Italia. Sergio Floccari non se l'aspettava, almeno non più da domenica sera, quando Cesare Prandelli aveva diramato la lista dei convocati per le gare contro Irlanda del Nord e Serbia e il suo nome non c'era. Poi ci si è messo il destino, materializzatosi sotto forma di un «risentimento alla giunzione mio tendinea del soleo sinistro» di Gilardino. Una formula medica incomprensibile che, per l'attaccante della Lazio, vuol dire solo una cosa: prima convocazione in azzurro. «Sono onorato di vestire la maglia della Nazionale - ha detto Floccari dal sito ufficiale della Lazio - e colgo l'opportunità per ringraziare il mister e tutti i miei compagni per l'apporto che mi danno quotidianamente. Ringrazio anche la società, che mi ha voluto fortemente». In azzurro la punta di Vibo Valentia ritroverà il compagno Mauri, che la bella notizia l'aveva ricevuta il giorno prima e l'azzurro, in fondo, l'aveva già assaggiato agli albori del Lippi II. E per un momento sembra essere tornati ai tempi della Lazio di Cragnotti, quando a ogni impegno delle Nazionali Formello si svuotava tanti erano i biancocelesti richiesti dai ct. Una situazione che aveva portato l'allora presidente a chiedere un indennizzo per quei giocatori che con le Nazionali si infortunavano gravemente, aprendo un fronte di battaglia con le Federazioni che allora sollevò aspre critiche, ma che oggi appare ancora tremendamente attuale. Mauri e Floccari, quindi. Due delle facce più splendenti del nuovo corso laziale. Due per i quali Edoardo Reja si è speso in prima persona. Sabato, prima della gara col Brescia, le sue parole erano state chiare: «Floccari è un giocatore straordinario, è il mio regista offensivo. Ha tecnica e dà il massimo quando può svariare su tutto il fronte d'attacco. Non è una punta statica, fa grande movimento. Per me è da Nazionale». E poi su Mauri: «Sta giocando una partita meglio dell'altra, non ci sono altri giocatori con la sua stessa capacità di aggredire gli spazi». Era stato facile profeta, il tecnico. Il giorno dopo proprio un inserimento di Mauri avrebbe consegnato alla Lazio vittoria e primato solitario in classifica. E d'altronde chi meglio di lui poteva saperlo? È stato proprio Reja a favorire il rilancio del brianzolo quando, dopo la prima di campionato, è passato alla difesa a 4 per trovargli un posto a centrocampo. E così Mauri ha dimenticato i fischi che spesso avevano accompagnato le sue esibizioni per trovare una continuità di rendimento mai raggiunta nella sua carriera. Floccari, invece, dai laziali non è stato mai fischiato. Sarebbe impossibile farlo con un calciatore arrivato quando la Lazio era sull'orlo della serie B e capace di portarla alla salvezza a suon di gol: 8 in metà campionato, appena uno in meno dei compagni di reparto Rocchi e Zarate in tutta la stagione. In carriera invece ne ha fatti 71, che non sono tantissimi per un attaccante. Ma la sua caratteristica principale è anche quella di farne fare parecchi ai compagni, fin dai tempi d'oro del Rimini o dell'Atalanta. Bravissimo a tenere palla, è capace anche di agire da seconda punta o da trequartista e di aprire spazi per i centrocampisti. Hernanes, Mauri o Ledesma non chiedono altro. Ed è proprio Ledesma l'ultimo tassello mancante. In un momento in cui De Rossi e Montolivo sembrano appannati, l'oriundo di origine argentina farebbe molto comodo alla Nazionale. Poco male: altre partite, altre convocazioni, altre possibilità arriveranno. Anche se, come ha scherzato l'agente di Mauri, «adesso bisogna rinunciare alle vacanze».

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