Il tifo impazzito
Il difficile sarà spiegarlo alle mogli. Quelle che cantavano «perché la domenica mi lasci sempre solo?» e adesso scoprono che il marito non va a vedere la partita, ma a protestare, marciare, contestare. L'ultimo paradosso riguarda la scelta dei tifosi del Brescia che, domani, arriveranno a Roma con due pullman non per vedere la sfida tra Lazio e rondinelle - senza la tessera del tifoso non possono accedere al settore ospiti - bensì per protestare contro la medesima tessera. Raduno alle 15 davanti alla Bocca della Verità, vicino al Circo Massimo, dove disputeranno una partitella tra «bianchi» e «blu» per «mostrare il calcio che amiamo, vero, fatto di passione, sacrificio e sentimenti, senza divieti e limitazioni». L'iniziativa ha ricevuto il via libera dalla questura e non dovrebbe sfociare nella violenza tra ultras: tra le fazioni non corre buon sangue ma la morte di Gabriele Sandri ha creato un fronte di protesta comune. Rimane comunque il simbolo di quello che accade da tempo nelle curve di tutta Italia, dove il movimento tifo si sta trasformando in un manifesto politico sempre più slegato da quello che accade in campo. Gruppi storicamente rivali si alleano - palermitani e catanesi, bresciani stessi e atalantini per citare due casi - e individuano nel comune nemico lo Stato, il ministro Maroni promotore della contestata tessera e, di consueguenza, i poliziotti che di quello Stato sono la prima interfaccia. Per non parlare di quelle tifoserie - dalla «rossa» Livorno alla «nera» Verona - che allo stadio hanno sempre sovrapposto politica e calcio. Tutto accadrà nello stesso giorno in cui appena 27 romanisti si recheranno a Napoli per una partita che, in passato, spostava anche diecimila persone. Le antiche ruggini tra le due fazioni avevano consigliato di limitare l'accesso degli ospiti ai soli possessori della Tessera. Sarebbero oltre 20mila, ma quasi tutti hanno deciso di restare a casa. La retorica delle famiglie allo stadio è ormai superata. La realtà parla di concorrenza spietata delle tv e di spalti vuoti. Solo nell'ultimo anno le società di A hanno perso per strada il 20% degli abbonati. E si finisce come a Trieste, con un'intera tribuna riempita da spettatori virtuali. Ma la domenica i tifosi non restano a casa. Si riuniscono, si organizzano. Magari aspettano mezz'ora fuori dallo stadio o guardano la partita in silenzio. Magari, senza avere la tessera, in trasferta ci vanno lo stesso e si mischiano con i tifosi di casa. Magari restano in giro per la città rendendo alla polizia sempre più difficile il compito di controllarli. Il loro «no» alla Tessera del tifoso ai più è parso immotivato. Hanno parlato di schedatura, ma in realtà già da alcuni anni esistono i biglietti nominali. Altre battaglie sono sacrosante: quelle contro il caro-biglietti o gli stadi fatiscenti, per esempio. Ma in un Paese dove durante una partita dei pulcini scoppia una rissa tra i genitori, l'illusione di ritrovare uno stadio pieno e pacificato è remota. E nessuna tessera sarà sufficiente.