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Le «big» costrette a improvvisare

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Seil Chievo è il capolista solitario della classifica, se nel gruppo di testa figurano alle sue spalle il Cagliari, il Cesena e il Bari; se tra i marcatori di due reti si contano due esordienti, e finalmente se in coda alla classifica - appena un punto rispetto allo zero assoluto - remano angosciosamente, tra gli altri, Fiorentina Juventus e Roma, una ragione ci sarà. Forse, più d'una, se anche degli arbitri e dei loro errori imperdonabili lamentano già, dopo soli 180 minuti di gioco, tanti dirigenti ed allenatori (perfino Berlusconi, che vi intravede una congiura di tipo politico contro il suo Milan). Il vero problema di fondo è che il calcio-spettacolo, al servizio della tv digitale e dei suoi «diritti», almeno in Italia non è ancora organizzato in conformità delle sue modernissime esigenze. Non si tratta di deplorare i buoni sentimenti di una volta, perché il successo delle trasmissioni in diretta è travolgente, ma di adeguare l'organizzazione della compagnia allo svolgimento delle rappresentazioni. Intanto (parliamo sempre dell'Italia) quasi nessun club ha ancora provveduto a costruirsi uno stadio capace di ospitare adeguatamente un pubblico familiare e giovanile, garantendo la sicurezza e la comodità. Non pochi club, anche tra i più importanti e popolari, amatissimi dal loro pubblico come la Roma o il Napoli, hanno tardato a concertare iniziative e capitali che consentano programmi ambiziosi, all'altezza della passione popolare e della reputazione mondiale della città. (Le sole eccezioni riguardano, ma non sempre, esclusivamente le società di Milano e di Torino). Il caso giallorosso è sintomatico. Quest'anno, poi, l'improvvisazione e (mi scuso dello sgarbo) il dilettantismo hanno dilagato. Le insaziabili pretese di Sky e delle altre emittenti televisive hanno congiurato con gli impegni internazionali (Champions, Europa League, Coppa Italia, Europei per le nazionali, più tourneé estive) per creare un ingorgo nel calendario settimanale, negli orari delle partite e nella preparazione. Tanto più che, per il mercato acquisti, si è prolungata la chiusura non a due settimane prima del raduno delle squadre ma addirittura dopo l'inizio dello stesso campionato, con l'ovvio risultato che proprio i club di più alto livello hanno potuto completare le proprie liste soltanto a stagione iniziata, senza avere il tempo materiale per amalgamare i nuovi arrivi con il vecchio giacimento tecnico, tattico e psicologico. Ad accentuare la confusione ha concorso, come abbiamo accennato, il disorientamento della classe arbitrale che, nel periodo estivo, ha visto emigrare il suo formidabile «leader» verso alte sfere, ha dovuto sostituirlo con un personaggio sicuramente valido ma impegnato in un compito assai delicato e messo a confronto con il presidente della Lega di serie A, il dottor Beretta, appena nominato anche lui e proveniente dal mondo economico-finanziario. Lo ha dimostrato immediatamente proponendo al sindacato calciatori una revisione contrattuale alla Marchionne, contro la quale è stato annunciato per fine mese uno sciopero che il presidente federale sta cercando opportunamente di scongiurare. Ci manca solo quello!

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