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Arbitri? Aridatece Collina

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Quandosi guarda al passato, inevitabili i sentimenti di opposto segno, il rimpianto o magari il sollievo, forse dipende dall'anagrafe o dalla fiducia nel mondo che si rinnova. La seconda di campionato simile, in chiave arbitrale, al venerdì nero di Wall Street, e non tanto per gli errori che hanno condizionato in proporzioni ciclopiche più di una partita. Meraviglia, francamente, l'esiguo riscontro mediatico nei confronti dello scandalo torinese, non un solo titolo, sulla stampa che conta, che evidenziasse il doppio regalo alla Juventus, confezionato sulla pelle della Samp. La Fiorentina resta a uno, ancora una volta penalizzata dopo i danni sofferti contro il Napoli, il Milan ha un difensore civico ma non gli basta. Colpisce, in particolare, come le decisioni a senso unico vengano a riproporre la deprecata legge del fattore campo. E rimandano a tempi lontani, quando ogni trasferta rappresentava una trappola anche per le squadre ambiziose, pochi i direttori di gara (un Lo Bello, un Adami, uno Sbardella, per intenderci) realmente in grado di evitare la suggestione di stadi presidiati da un tifo chiassoso e pericoloso. Non a caso, le stagioni più recenti avevano evidenziato un'incidenza nettamente più esigua del fattore campo, non è gradevole pensare a un'inversione di tendenza, tuttavia espressa su troppi campi per essere considerata occasionale. Braschi, che mai è stato un arbitro casalingo, ha il dovere di esaminare la situazione con lucidità, ma anche con l'indispensabile severità, per restituire immediatamente al campionato la regolarità che gli onesti a buon diritto reclamano. Non metteteci in condizione di invocare, così presto, «Aridatece Collina».

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