Roma rivive il sogno
Edoardo Mangiarotti, scherma. Anni 91. Il meno giovane tra i presenti. Sei affermazioni olimpiche, esordio vincente, diciassettenne, nella Berlino del 1936. Irene Camber, ancora scherma, anni 84, Helsinki 1952, seconda olimpionica nella storia dello sport italiano dopo l'Ondina Valla del '36. Federica Pellegrini, nuoto, anni 22, e Matteo Tagliariol, ancora scherma, anni 27, vincitori nel 2008 a Pechino. Ultimo in cronologia, Giuliano Razzoli, sci, anni 22, Vancouver nello scorso inverno. Tra un estremo e l'altro, quindici generazioni agonistiche che hanno attraversato venti edizioni olimpiche e il secondo conflitto mondiale. Un pantheon di uomini e donne, olimpionici di sempre e medagliati di Roma '60 radunati oggi pomeriggio nei giardini del Quirinale su invito del Presidente Napolitano, momento celebrativo dei cinquanta anni dall'Olimpiade romana, subito dopo analogo ricevimento officiato nella casa madre del Foro Italico per mano di Giovanni Petrucci. Più longevo tra gli olimpionici presenti, dunque, Mangiarotti. Ma non tra i viventi, poiché in una casa di riposo prossima a Buenos Aires risiede Attilio Pavesi, due medaglie d'oro nel ciclismo e superstite tra quanti presero parte nel 1932 ai Giochi di Los Angeles. Una lunga strada, alti e bassi, più i primi che i secondi. Dalla Londra del 1948, esaltata nella lotta da Pietro Lombardi e nel canottaggio dalle Aquile Rosse della Moto Guzzi di Mandello Lario inventate dal leggendario operaio di fabbrica Angelo Alippi e guidate da Giuseppe Moioli e Franco Faggi. Ancora 1948, Saint Moritz, Giochi invernali, prima affermazione su neve e ghiaccio di un azzurro, Nino Bibbia, protagonista nello skeleton. L'Ercole Baldini nella Melbourne '56, l'inno cantato da emigrati, in assenza della registrazione ufficiale, sotto il podio del ciclista. Il bob azzurro tra il '56 e il '68. Il successo collettivo di Roma. La classe di Mauro Checcoli nel completo di equitazione di Tokyo, di Franco Menichelli in ginnastica, l'arrivo rabbioso di Abdon Pamich al traguardo della marcia. Il Gustavo Thöni sulle nevi giapponesi di Sapporo e il primo dei tre trionfi di Klaus Dibiasi nella Città del Messico del '68. La Mosca di Sara Simeoni, Mennea e Damilano in atletica, di Gamba nel judo e di Pollio nella lotta. Los Angeles '84, l'esplosione della generazione degli Abbagnale in canottaggio, di Maenza in greco-romana, di Dorio, Andrei e Cova in atletica. Il periodo d'oro vissuto in inverno a partire dall'88 da Tomba, Deborah Compagnoni, Stefania Belmondo e Manuela Di Centa. Seul 1988, la maratona di Gelindo Bordin in chiusura d'evento. 1992, Barcellona, l'esordio di Giovanna Trillini sulle pedane di fioretto e il nuovo Settebello. Atlanta '96, la canoa di Antonio Rossi, gli anelli di Jury Chechi. Sydney, seconda Olimpiade australe, Domenico Fioravanti, primo olimpionico di nuoto, Valentina Vezzali superstar, al primo di tre trionfi consecutivi, la vela vincente di Alessandra Sensini, la canoa di Josefa Idem, la pagina storica scritta sul tatami da Pino Maddaloni da Napoli. Infine, edizioni del nuovo secolo, la pallanuoto femminile del 2004, l'apoteosi di Stefano Baldini sul traguardo greco e di Brugnetti nella marcia, i pattini di Enrico Fabris nella Torino 2006 ed i fenomenali Di Centa e compagni nel fondo. Nella festa, è probabile che qualcuno manchi. Ma gli assenti, quando non giustificati, hanno torto.