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Il calcio finisce nel frullatore dello spettacolo

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Uninnamorato del calcio vecchio come il sottoscritto trasecola, leggendo le cronache odierne, e si chiede se stiamo parlando del campionato o dell'ultima rivista al Sistina, ma poi si rende conto che va bene, benissimo così, è più divertente, più vario, se vogliamo anche più umano. Certo che è anche più faticoso: se non per chi legge, va allo stadio o si siede dinanzi al televisore, certamente per chi gioca, per chi allena, per chi organizza e naturalmente per chi paga. Il collega Maglie sulle colonne del quotidiano sportivo, parla di un calcio «nel frullatore, 23 giorni senza fiato, una partita ogni tre giorni». Più lo spetacolo diventa un'impresa industriale e più- se no, che italiani saremmo?- noi lo trattiamo come se fosse la festa di Piedigrotta o il festival di Sanremo. Quest'estate abbiamo battuto tutti i record, orchestrando la campagna acquisti (eccezion fatta per qualche club tornato improvvisamente miliardario come il Milan) sui prestiti e i relativi finanziamenti a babbo morto, cioè almeno dopo un anno. In cambio, come se fosse arrivata un'armata di nuovi giocatori per consentirci di avere a disposizione due squadre per club, abbiamo complicato un calendario già demenziale, con una serie di intrecci da film di Hitchcock: anticipi, posticipi e fischi d'inizio domenicali all'ora della Messa e del ragù; partite di Europa Leeague, di Champions e «derbies» intercalati da sfide paesane. Una vera e propria «tele-abbuffata», come scriveva il collega, con la quale si mettono a dura prova i riflessi del telespettatore e i rapporti coniugali, e ancor più i muscoli e la tensione psicologica dei giocatori, impegnati in una specie di sarabanda tra treni e aerei, alberghi e ritiri, tattiche prudenziali e furibondi piani d'attacco. E col pericolo che, tra un turno e l'altro dei 23 giorni senza fiato, ti ritrovi in allenamento un «mister» diverso da quello che c'era prima del «frullatore». È successo perfino che la RAI abbia sostituito con un messaggio pubblicitario le immagini del gol segnato dalla Nazionale all'Estonia: ma basta spedire un sms un po' pepato alla Direzione Generale e l'episodio è dimenticato, anche perché il gol azzurro (capolavoro dell'ex salumiere barese) ce lo siamo goduto dopo la pubblicità, come una retrospettiva di John Ford. In fondo ci stiamo abituando a pensare, sognare, soffrire, godere in fretta, per non perdere tempo e diritti televisivi; ci stiamo abituando a vivere in fretta, a raggiungere in un lampo la California o l'Australia, a scoprire che abbiamo superato il traguardo dell'ottantesimo anno senza accorgercene. Sapiamo che Zaccheroni è andato ad allenare in Giappone e che si è propiziato molte simpatie, ancor prima di cominciare a lavorare, prodigandosi in inchini che da quelle parti piacciono molto, e non ci meravigliamo. Maradona vuole festeggiare i suoi 50 anni con una partita amichevole a Napoli, e non ci meraviglieremmo né se fosse un trionfo, né se lo bloccassero alla frontiera per un problema di tasse. Ormai ci vuol altro per stupirci.

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