Ora la Ferrari teme la batosta Fia
Ricorderetequanto accadde: Massa era in testa ma si fece da parte per lasciar passare, e vincere, Alonso dopo che dai box gli era stato detto via radio che lo spagnolo era più veloce di lui, indicazione che i commissari di gara giudicarono come un esplicito invito a favorire il compagno in violazione al regolamento. Il processo non servirà a giudicare i fatti in sé ma soltanto a decidere se la sanzione applicata a caldo dai commissari di gara (100.000 dollari di multa) è sufficiente o se la gravità dell'accaduto non meriti piuttosto qualche pena accessoria. A convincere i giudici di primo grado che proprio di un ordine di scuderia si fosse trattato furono la telemetria (che dimostrò come Massa avesse alzato il piede dall'acceleratore per favorire Alonso) sia l'infelicissima presentazione di scuse radiofoniche in mondovisione da parte dell'ingegnere di pista del pilota brasiliano, Rob Smedley. Aldilà di ogni sacrosanta considerazione etico-sportiva (la norma anti-giochi di squadra è ipocrita, perché cose del genere si sono sempre fatte, e inaccettabile per aziende che investono centinaia di milioni di euro nel business delle corse per vincere i mondiali e non solo per far fare bella figura ai loro strapagati piloti), è purtroppo fuori di dubbio che sia stata proprio la balorda uscita di un suo ingegnere a costringere la Fia, e soprattutto il suo neo-presidente Todt, a istruire questo mediatico supplemento di giudizio. Non l'avesse fatto, la Fia avrebbe perso la faccia davanti al mondo intero, perché la violazione della regola - ipocrita e da abolire quanto si vuole, ma pur sempre regola in vigore - è stata lampante. Processo doveroso, dunque. E sentenza che sarà inevitabilmente più politica che mai, perché nessuna strategia difensiva della Ferrari potrà cancellare l'evidenza. Il tutto è reso più complicato e imprevedibile dal fatto che il presidente della Fia, dunque del Consiglio Mondiale, è allo stesso tempo l'ex amministratore delegato della Ferrari poi burrascosamente allontanato dall'azienda, il padre del manager del pilota «danneggiato» (Massa), e l'uomo che a suo tempo costrinse la Fia a introdurre l'esplicito veto ai giochi di squadra impartendo il più inutile ordine di scuderia della storia (costrinse Barrichello a farsi superare sul traguardo da uno Schumacher che a metà stagione era ormai praticamente campione del mondo). Un groviglio di conflitti di interesse che la doverosa decisione di Todt di astenersi dal partecipare alla seduta non contribuirà a dipanare. Quando si riunisce fisicamente, il Consiglio Mondiale è già stato ben istruito su ciò che deve fare. Il buonsenso - che a Todt non ha quasi mai difettato - ci fa comunque sperare che la sentenza dia il classico colpo al cerchio e l'altrettanto classico colpo alla botte. E che la Ferrari venga privata dei punti presi ad Hockenheim ai fini della classifica Costruttori senza che la stessa sorte tocchi ai suoi due piloti. In attesa di cancellare l'ipocrita regoletta, ogni altra decisione sarebbe iniqua. P.S. Se alla Ferrari comandassi i, a fine stagione troverei a Smedley un posto di lavoro il più lontano possibile dal muretto dei box e dal piagnucoloso Felipe.