L'estate senza fiducia del tifoso
Nonso voi, amici laziali, ma per quanto mi riguarda la fame di tifo, e di calcio in generale, deve ancora tornare. Sarà stato lo scorso campionato, con tutti quegli obbrobri e patemi d'animo. Saranno stati i Mondiali, con lo schifo azzurro, le partite mosce e il polpo Paul unico capace di prodezze. Sarà stata la sconfortante mancanza di idee su come invertire la tendenza crepuscolare del nostro calcio. Sarà stato il vedere sulla panchina azzurra l'artefice del clamoroso fallimento della Fiorentina (1 solo punto in più della Lazio), o magari sarà soltanto questo asfittico mercato da nazione sottosviluppata ed esportatrice di talenti. Sta di fatto che mentre gli altri anni a Ferragosto smaniavo e sbavavo in piena astinenza pallonara, quest'anno sono tentato di imparare a giocare a golf in modo da avere qualcosa da fare quando la domenica non c'è la Formula 1. Il bello è che, se ci rifletto, questa nausea pseudoesistenziale è, almeno sul suo versante prettamente biancoceleste, più o meno ingiustificata. In fin dei conti, per noi lo scorso campionato è finito come meglio non poteva. Malgrado l'handicap-Ballardini, la Lazio è risalita sugli stessi identici livelli ai quali l'aveva portata nelle due precedenti stagioni l'osannatissimo Rossi e allo stesso tempo la Roma si è un'altra volta inceppata sul più bello, rimanendo col solito pugno di mosche in mano. Il nostro mercato è sin qui stato abbastanza buono, e soltanto certi giornali possono criticare Lotito ed esaltare l'operato della Roma (pensate cosa avrebbero scritto se a prendere a parametro zero un panzone come Adriano fossimo stati noi). Non sapendo spiegare la mia inappetenza mi sono pertanto domandato che cosa potrebbe restituirmi interesse per il cibo biancoceleste. Ma ho faticato a trovare risposte. Certo, Lotito potrebbe fare la sua parte comprando, di qui alla fine del mese, un bel mediano, un bel centravanti e trovando il sistema di liberarmi dal terrore che certi giocatori possano ancora indossare la maglia che fu di Piola, Chinaglia e Nesta. Ma probabilmente non basterebbe neppure questo. In realtà, ora che anche ai sassi è chiaro come la Serie A non sia più non dico «il campionato più bello del mondo» ma neppure uno dei meno brutti, quel che credo mi manchi veramente - e manchi non solo a noi laziali ma un po' a tutti i calciofili italiani, interisti inclusi e l'unica eccezione, forse, degli eterni illusi romanisti - non è la curiosità per il ruolo che la mia squadra saprà recitare nello spettacolo che sta per cominciare ma un palcoscenico all'altezza dei miei, dei nostri sogni. Spero, almeno, che Hernanes, Zarate e soci mi restituiscano l'irrazionale ardore del tifo, ma con grande franchezza ho i miei dubbi anche su questo. Perché? Magari ve lo spiego un'altra volta.