Cerca
Cerca
Edicola digitale
+

Due anni fa ci lasciava Franco Sensi

default_image

  • a
  • a
  • a

Nonostantei disagi che, nella storia più recente, avevano accompagnato il faticoso cammimo della famiglia, virtualmente senza guida ben prima che si compisse un destino annunciato da un'inesorabile malattia. Era rimasto il buon papà di tutti, non soltanto di Rosella che ne avrebbe raccolto l'eredità, nonostante una presenza purtroppo soltanto virtuale. Ma questa ricorrenza malinconica aiuta a tenere viva nella memoria, e a celebrarla, una delle due straordinarie presidenze che si erano susseguite nella storia della Roma, prima quella di Dino Viola e poi quella, appunto, di Franco Sensi. Tifoso da una vita, dirigente da lunghissima data, vicepresidente con Anacleto Gianni in occasione dell'unico trofeo internazionale che le bacheche giallorosse possano a tutt'oggi custodire. Ma all'industriale marchigiano trapiantato nella Capitale, dove l'ingegner Silvio, suo padre, aveva creato il glorioso Campo Testaccio, va soprattutto il merito di avere tratto la società fuori da un baratro forse mai così profondo dall'epoca della colletta al Sistina. Obbligato da imposizioni politiche, Sensi avrebbe dovuto pagare la società dieci volte tanto rispetto a quanto era costata a Ciarrapico, che l'avrebbe ridotta a brandelli, fino a svilirne del tutto perfino l'immagine. Riconquistato, sulla scia della battaglia avviata da Dino Viola, un prestigio che alla Roma spettava di diritto, per storia e bacino di utenza, Franco Sensi avrebbe avviato il progetto per il terzo scudetto attraverso tentativi apprezzabili, qualcuno felice, altri un po' meno. Carletto Mazzone la prima scelta, un romano doc in panchina, con le inevitabili pastoie dell'eccesso di amore, la seconda viziata da modesta conoscenza del calcio internazionale, con il fallimento di Carlos Bianchi. Poi le stagioni di Zeman, illuminate dallo spettacolo non adeguatamente supportato dai risultati. Scomoda la presenza del boemo, grande accusatore per i mali del calcio italiano, alla fine sarebbe arrivato Fabio Capello, uno che firma soltanto dopo che la società ha onorato la sua lista della spesa. Di qui lo scudetto: costato moltissimo, però, onerosi e lunghi contratti, ma la differenza l'avrebbero fatta, alla lunga, iniziative imprenditoriali non più ispirate come quelle che avevano prodotto la costruzione di un impero. Fino ai malinconici ultimi anni. che avrebbero visto la famiglia del patriarca tenacemente abbarbicata a una società tenuta a galla soltanto da imprese sportive superiori ai mezzi disponibili. Ma il ricordo, adesso, va soltanto a quanto Franco Sensi ha saputo regalare alla Roma e ai suoi tifosi. Moltissimo, in tutto e per tutto.

Dai blog