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Marlene, 50 anni di una vera regina

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Mentreun sudario, reso meno pesante da Howe, cala su casa Italia, mentre è il rammarico a prevalere dinanzi alla sorprendente eliminazione di Antonietta Di Martino, mentre ci si chiede quanto sull'equilibrio di un marciatore che a ventiquattro anni raggiunge il massimo traguardo olimpico possano poi aver influito negativamente appagamenti e diversità di ambienti, la cronaca impone segnalare la presenza a Barcellona di una donna che è un pezzo della storia della velocità. Merlene Ottey, iscritta nelle liste della vigilia, dovrebbe scendere stamani in pista con il quartetto della Slovenia, terra di cui assunse la nazionalità nel 2002 dopo aver gettato via per incomprensioni la bandiera giamaicana. L'atleta ha 50 anni. È dunque un fenomeno biologico. Le è mancato qualcosa, forse il teatro d'oro d'Olimpia, perché potesse farsi produttrice di mitologie. Ma sarà impossibile cancellare dalla testa di chi segue le traiettorie dello sport la carriera di una donna che chiuderà la sua vita avendo vinto 14 titoli mondiali e 30 medaglie tra olimpiche e iridate. Fisico statuario, mai esposizioni chiassose, relazioni sentimentali poco fortunate, compresa una parentesi italiana vissuta con il velocista Stefano Tilli, occhi in cui è sempre sembrato che la malinconia prevalesse sul sorriso, Ottey era apparsa sulla ribalta internazionale nel 1979. Quel titolo vinto ai campionati dei Caraibi convinse Merlene come l'atletica fosse la via più diretta per affrancarsi dalla modestia delle condizioni familiari. Poi, un seguito ininterrotto di affermazioni, culminate nei primati di 10.74 sui 100 e 21.64 sui 200. Ed a Sydney, nel 2000, si gridò al miracolo quando, argento nella 4x100, a 40 anni e 143 giorni divenne la più longeva medagliata olimpica dell'atletica.

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