Vittori boccia i Giochi giovanili
Sostenitoree firmatario dell'iniziativa, decisa a Città del Guatemala nel 2007, Jacques Rogge. Belga, chirurgo, rilevanti trascorsi agonistici nella vela e nel rugby, presidente del CIO dal 2001 raccogliendo l'eredità dalle mani del catalano Juan Antonio Samaranch, il sessantottenne dirigente è al suo ultimo mandato al vertice dell'organismo internazionale, con scadenza fissata al 2013. Nella metropoli più pulita del mondo converranno atleti d'età compresa tra i 14 e i 18 anni, 3200, 61 dei quali in rappresentanza del nostro Paese. V'è più d'uno a sostenere che alla base dell'innovazione sia il desiderio del belga di lasciare traccia più visibile del suo periodo presidenziale. Così come più d'uno ebbe da ridire sulla nascita di un evento che, oltre che appesantire un calendario internazionale di per sé pletorico, offre il fianco a più d'una perplessità. Tra i più severi censori della decisione, dalla sua provincia ascolana, con mezzo secolo di docenza alle spalle, Carlo Vittori, decano dei tecnici italiani. «L'istituzione dei giochi olimpici giovanili è negativa, perché apre la strada ad un agonismo troppo elevato e precoce». Lei ritiene quindi che aprire i giochi olimpici a quattordicenni sia un errore. «Certamente, perchè l'attività agonistica dei giovani va programmata in progressione, senza anticipare violentemente la crescita naturale». E quali sono le controindicazioni? «Sono almeno tre, di ordine psicologico, fisico e pedagogico». In dettaglio? «Lo sport è come il resto della vita. L'appagamento derivante dalla conquista precoce di alti riconoscimenti e la difficoltà di rimettersi in discussione sono spesso alla base del rifiuto di considerare lo sport come paradigma della vita. Dinanzi all'espressione "io ho vinto", tutto diventa inconsistente e di scarso rilievo. E la dissipazione di talenti diventa irrimediabile conseguenza». Quindi il rapporto tra giovane ed agonismo diventa conflittuale e antieducativo? «Esatto. L'operazione più complessa è quella di rientrare nei ranghi con l'umiltà di chi deve fare tesoro del passato per proiettarsi correttamente verso un futuro tutto da conquistare». Il resto, in chiave negativa? «Il resto è ancora più importante: l'anticipazione dissennata di strategie di training». Intende carichi di allenamento eccessivi e dannosi per l'età? «Sì, la delicatezza dell'età è tale da evitare tecniche e carichi di lavoro aggressivi e troppo specifici, privilegiando al contrario metodiche più adeguate all'età e ad una corretta evoluzione. La natura non fa salti. Quando al contrario accade, accade a caro prezzo». Ma se l'allenatore è cosciente dei rischi... «Se è cosciente... Ma è umana, anche se non professionale e non commendevole, la tendenza del tecnico, dinanzi ad un grande evento, ad acquisire meriti. Magari su pressione di dirigenti vogliosi di affermazioni...». A. F.