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Il mondo della politica prenda esempio dallo sport

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Ilnostro giornale pubblicava ieri mattina un durissimo attacco, in verità piuttosto ben motivato, della nobiltà romana alla classe politica attuale: «Ministri e deputati, incapaci di guidare il nostro Paese», anche se poi taluni degli esponenti politici più in vista hanno trovato nell'originale inchiesta un giudizio più indulgente. Ma credo che, nel drammatico momento attuale, non possa essere ignorato nemmeno il ruolo esitante e scettico che stanno giocando imprenditori, banche, grandi famiglie, piuttosto che interrogarsi in modo serio ed organico sul modo di reagire alla crisi, che è globale, puntando sui settori produttivi più vicini ai gusti e ai sogni della gente. Paradossalmente, un esempio viene proprio dal mondo dello sport. Forse non è ancora abbastanza chiaro, agli occhi dell'opinione pubblica e dei cosiddetti poteri forti, lo sviluppo che l'enorme successo della rivoluzione informatica, a partire dalla televisione digitale, sta creando nel mondo della comunicazione e dello spettacolo, segnatamente di quello sportivo. Si è appena letto che una ventina di club «provinciali» sono stati radiati dai campionati minori e che va a rilento perfino la campagna acquisti a livello di partecipazione alle Coppe europee. Al tempo stesso però le prime partitelle amichevoli di allenamento disputate domenica da Roma e Napoli, sono state confortate da folle relativamente consistenti (in lontane trasferte estive) ed entusiaste. Eppure il Napoli è uscito solo due o tre anni fa da un fallimento sportivo e finanziario che ne stava minacciando la scomparsa definitiva, mentre la Roma è stata costretta pochi giorni fa a rinunciare alla gestione della famiglia Sensi, che l'ha portata allo scudetto e a grandi soddisfazioni europee, affidando a Rosella Sensi un ruolo provvisorio (ma prezioso) di guida in attesa che qualche pascià o emiro mussulmano ne raccolga l'eredità. Riesce difficile immaginare che a Napoli, nonostante le enormi difficoltà di amministrarne le fortune e la sicurezza, non sia possibile costituire un gruppo che sostenga la presidenza De Laurentiis ed assicuri alla tifoseria partenopea la stessa prospettiva che da tempo immemorabile sono state garantite ai sostenitori della Juventus, del Milan o dell'Inter. I napoletani in particolare e i meridionali in genere sono così numerosi nel mondo, così legati alle loro tradizioni e al loro passato, che sembrerebbero rispondere splendidamente ad un impegno del club azzurro sul piano del Real Madrid, del Manchester United o del Bayern. E non parliamo della Roma e di Roma: un faro luminoso in tutto il mondo. Non si vuol dire, naturalmente, che si debbano profondere miliardi negli acquisti e nei costi di gestione, per infiammare le folle, ma semplicemente che esiste anche un grande mercato sentimentale e sportivo che, in un passaggio drammatico come quello della crisi europea, va considerato come oggetto di un eccellente impiego di capitali, di organizzazione, di pubblicità intelligente, nonché come un'occasione ideale di educazione sportiva e civica dei giovanissimi. Anche perché la passione popolare non è circoscritta alle due grandi città di cui stiamo parlando e non è limitata al solo calcio, come dimostrano i Giochi Olimpici e le grandi competizioni ciclistiche, motoristiche, tennistiche e via dicendo. Un mondo che, se governato secondo regole ferree e liberato dall'ipoteca della violenza organizzata, può proporsi come fonte di allegria e di benessere.

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