Perrotta ci crede: "Ora lo scudetto"
Sei anni in giallorosso, tutti da protagonista. Al settimo tentativo Simone Perrotta vuole vincere quello scudetto accarezzato due volte con la Roma. Si sente ancora campione del mondo, un titolo che voleva difendere in Sudafrica. Ma Lippi glielo ha vietato. Sperava di andare al Mondiale? «No, mi aspettavo l'esclusione: non ho mai avuto segnali positivi. Ho rispettato la decisione di Lippi anche se la pensavo in maniera diversa». Durante il torneo si è detto spesso: Marchisio deve fare il Perrotta. Non era più logico che ci fosse lei? «È quello che mi sono chiesto anch'io». E se ora la chiamasse Prandelli? «Leggo che giustamente c'è voglia di ringiovanire la Nazionale. Ma io non chiudo la porta a nessuno». Come si può rilanciare il calcio italiano? «Il blocco sugli extracomunitari è solo un palliativo. Il problema è che da noi i giovani giocano in squadre piccole e non fanno esperienza in Champions». Parliamo di Roma. Sarà ancora sfida a due con l'Inter? «Spero di sì, ma con un finale diverso. Loro partono un gradino avanti, anche se hanno perso Mourinho che era un bel "faro". Poi ci sono le solite: noi, Juve, Milan più una possibile sorpresa. Sarà difficile migliorare perché l'anno scorso abbiamo fatto delle cose incredibili. Siamo partiti male, stavolta non dobbiamo concedere un vantaggio: ci siamo stancati di rincorrere». Vi sentite più forti? «Sono andati via giocatori importanti come Toni, Motta e Tonetto e ne sono arrivati altri che in passato hanno fatto bene: Adriano ha sempre segnato, Simplicio sa fare tutto. Rispetto agli scorsi anni la rosa è più "larga"». Cosa è mancato in questi anni per vincere lo scudetto? «In alcune situazioni la fortuna. A quel Roma-Samp ci pensiamo ancora spesso: non avevamo mai giocato così bene, loro hanno fatto due mezzi tiri e hanno vinto». La preparazione è molto diversa rispetto a quella di Spalletti. «Sinceramente è un modo nuovo di lavorare per quasi tutti noi. Siamo molto curiosi di vedere come reagiremo e ne parliamo spesso. Il preparatore Capanna predilige di più le distanze brevi e poi non si fa più della forza specifica in palestra ma forza applicata. La fatica però è la stessa». La situazione societaria vi pesa? «No, la Sensi ci ha tranquillizzato il primo giorno di ritiro. Noi pensiamo a giocare, per tutto il resto ci sono altri professionisti che sistemeranno le cose. Intanto dobbiamo ringraziare questa famiglia per tutto quello che ha vinto in questi anni». Vorrebbe chiudere qui la carriera ma ha un solo anno di contratto. «Sono abituato a essere in scadenza. Cerco di lavorare con serenità ed entusiasmo e mi piacerebbe molto restare qui». Con Ranieri non ha più un ruolo fisso. È un problema? «Tutt'altro: è un'arma a mia disposizione. E poi alla mia età (33 anni da compiere a settembre, ndr) non posso avere pretese».