Totti d'Arabia
«Chi compra la Roma? Speriamo uno sceicco». Se va bene a lui va bene a tutti. Francesco Totti ha quattro stagioni davanti per avverare il suo ultimo desiderio da calciatore: vincere la Champions con la maglia giallorossa. Per costruire una squadra all'altezza ci vorrebbero i soldi. Tanti soldi. Quindi «speriamo che la Roma se la compra qualche sceicco» dice senza peli sulla lingua il capitano. In questi giorni ha provato a informarsi sul futuro societario, ha letto i giornali e ora sa che qualcosa «sotto sotto» si sta muovendo. L'incontro di martedì scorso tra Unicredit e gli emissari del fondo sovrano saudita ha aperto uno scenario affascinante. Il cambio di proprietà può ridare linfa a un progetto che si è un po' fermato. «Ho tutto, non mi lamento. Mi manca - aggiunge Totti - di vincere la Champions con la Roma. Magari è un sogno banale, però è il mio. Tuttora bisogna ringraziare la famiglia Sensi per tutto quello che ha fatto e continuerà a fare, ma se un domani dovesse arrivare uno sceicco pronto a spendere...». Magari ci casca, come dicono a Roma. La vicenda societaria fa da sfondo agli allenamenti dei giallorossi a Riscone. Ormai i giocatori ci hanno fatto l'abitudine: da tre anni durante l'estate si parla più di nuovi proprietari che di acquisti in arrivo. Il ritiro è anche l'unico momento della stagione che permette ai tifosi di vivere la Roma da vicino. Totti ha iniziato la diciannovesima preparazione in giallorosso e resta sempre il più ambito, acclamato, desiderato. «Vorrei che nessuno mi vedesse, anche solo per 5 minuti. Dovunque vado mi chiedono foto e autografi, io sono un buono e mi metto a disposizione di tutti. Le mie giornate qui le passo allenandomi - racconta - faccio un riposino dopo pranzo e la sera partita a carte o alla playstation. Quanto giocherò ancora? Smetterò non appena mi accorgerò che in campo non mi riuscirà più quello che sto facendo. Non potrò fare l'allenatore in futuro: sono troppo buono. Quando stai fuori ti senti male e per me mandare qualcuno in tribuna sarebbe difficile». Il ragazzo è diventato uomo ma è rimasto semplice. «Quando si vince la felicità dura poco, quando perdi la disperazione di più, almeno due tre giorni. Ma la gioia per i Mondiali del 2006 ce l'ho ancora adesso e durerà per sempre. Il flop in Sudafrica? Adesso è troppo facile parlare. Però nessuno si aspettava di uscire al primo turno... Eppure il calcio è questo». Totti voleva esserci per aiutare Lippi. Se n'è fatto una ragione ma la delusione resta. «Ogni tanto tiro fuori la rabbia. Capita di cedere, come ho fatto ultimamente, ed esce fuori tutto quello che hai dentro. Ma è sbagliato e te ne penti dopo». Insomma, quel calcione a Balotelli se lo sarebbe risparmiato volentieri. La domenica dopo (si giocava Roma-Cagliari) lo stadio era solo per lui. «E' stato un giorno storico. Per Roma e per me. E' come se avessimo fatto - prosegue Totti in un'intervista a Radio 2 - Roma contro Italia. Abbiamo trasmesso l'amore che ci diamo a vicenda per far capire il valore della romanità. Chi sbaglia è umano». Il legame indissolubile con la sua città lo fa stare antipatico a gran parte del resto d'Italia. «Di Roma mi piace qualsiasi cosa. In giro c'è tanta invidia, soprattutto della Lega. Io non provo questo sentimento verso nessuno». Meglio l'amore. Totti l'ha fatto la prima volta con il pallone, «avevo sei anni, era arancione, l'ho trovato sulla spiaggia a Santo Stefano», poi, sempre al mare, con una donna: un'altra scoperta «precoce». «Ho fatto sesso a 12 anni con una ragazza di nome Simona sulle spiagge di Tropea: ma non ci ho capito niente!». Adesso è un papà apprensivo. «I figli sono la cosa migliore che ci possa essere. Quando ho visto il mio Christian per la prima volta mi sono «squagliato» (sciolto, ndr). Vederli crescere è fantastico, ho paura di lasciarli soli». Passerà.