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La rivolta della A

Il presidente della FIGC Giancarlo Abete

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È una rivolta. I club di A dichiarano guerra alla Figc e non manderanno i tre loro esponenti al Consiglio federale in programma oggi. La riduzione degli extracomunitari è solo il casus belli, la prima circostanza nella quale la Figc ha modificato una norma «senza il consenso della Lega», cosa mai era avvenuta prima. I club chiedono un incontro col Governo per cambiare le leggi attuali e pretendono più peso all'interno della Figc.   E allora Beretta, presidente delle società, cerca una sponda in Crimi, sottosegretario allo Sport, e manda un segnale forte e chiaro boicottando la riunione di oggi. Insomma è muro contro muro con Beretta che spiega la posizione dei club: «Ci troviamo di fronte a una legge del 1981, quella sullo sport professionistico, che poi ha subito una modifica nel 1999. Sono leggi vecchie che vanno riviste e riformulate» (su questo punto c'è anche l'appoggio del Coni: Petrucci aveva inserito questo problema un anno fa nel suo programma elettorale). Non è mancata da parte di Beretta una critica alla limitazione degli extracomunitari: «Con l'attuale ripartizione dei pesi delle componenti, il peso della serie A è sottostimato: se noi abbiamo tre consiglieri federali su 27, si capisce che il nostro peso non è espresso in maniera realistica. Le dimissioni di Abete? Non c'è scritto nel comunicato. Noi poniamo problemi di sistema». Non si è fatta attendere la risposta della Figc: «Ci auguriamo che la Lega ci ripensi. Noi abbiamo agito rispettando lo statuto e la norma segue i dettami del Coni sulla riduzione degli extracomunitari nei campionati». Ma intanto il fronte si allarga, con la Lega di B che ha fatto sapere che a sua volta non parteciperà al Consiglio perché, pur condividendo le posizioni di Abete e criticando gli interessi settoriali, «una riunione senza una componente fondamentale andrebbe contro la volontà di ritrovare l'unità d'intenti». Lo scontro continua, insomma. E la Lega, tanto per cominciare, si riporta a Milano il sorteggio dei calendari che da quasi 15 stagioni venivano effettuati a Roma. «Nessuna ripicca, è solo un problema di location, l'organizzazione dei calendari spetta a noi».

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