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Vince la linea verde della Spagna

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La Spagna campione del mondo con la coppa sull'aereo del ritorno dal Sudafrica

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Inizialmente era Germania. Quel modello, moderno, multietnico che aveva ipnotizzato il mondo del calcio sembrava essere la chiave di volta per decifrare uno sport in evoluzione. Poi sembrava la volta dell'energia olandese, dei nipotini del gioco totale offerto in altra epoca da Cruijff & Co., potevano essere loro la scoperta dell'avventura sudafricana. Ma alla fine a pagare davvero è stata la «linea verde» proposta dalla Spagna di Del Bosque che ha avuto il coraggio di lasciar fuori i fenomeni (vedi el «ninho» Torres) per dar spazio al blocco Barcellona, al gruppo di quei giovani, tutti rigorosamente con passaporto spagnolo, che da molti anni si conoscono e giocano insieme. Gente che ha vinto molto nelle giovanili: mondiali Under 19, Under 21, Olimpiadi a Sidney nel 2000, e che è maturata tra le mura dello stesso club: il Barcellona in questo caso. Piquet entra nel settore giovanile del club catalano a dieci anni, Xavi, Fabregas e lo stesso Iniesta autore del gol che è valso il mondiale vengono dal vivaio del Barcellona. Centro giovanile nel quale altri fenomeni tipo Puyol (attuale capitano), Bousquets e Pedro arrivano all'età di 17 ani. Insomma il Barcellona è un club che crede e investe sui giovani, così come più o meno tutti i club spagnoli: diciamo che è una tradizione di una nazione che sta raccogliendo adesso i giusti frutti con la conquista del mondiale dopo l'Europeo del 2008. Sono i famosi investimenti che tanto vengono discussi in Italia, ma dei quali però ci si dimentica troppo spesso. Una politica sbagliata che sta trasformando il calcio del Belpaese tra i più vecchi d'Europa: incapace di rinnovarsi e di trovare il tempo di dedicarsi al proprio futuro. Così, l'unica soluzione che siamo stati capaci di partorire dopo il disastro in Sudafrica, è stata una regola sugli extracomunitari che, imposta così su due piedi (ma c'è allo studio uno slittamento per la prossima stagione) non fa altro che penalizzare ulteriormente le nostre società: e di conseguenza i nostri vivai. Alla fine dei conti siamo più immobili della Fifa. Già, perchè anche Blatter & Co. si sono dovuti piegare all'evolversi di questo sport e il numero uno del calcio mondiale ha messo in agenda (per ottobre, ma è già qualcosa...) un vertice per iniziare ad introdurre la tecnologia: o almeno a parlarne. Magari per Brasile 2014... chissà! Intanto la Spagna diventa il nuovo esempio da seguire, il modello per il calcio del futuro. Elogi anche dal Brasile, grande sconfitto di questo Mondiale ma soprattutto il Paese che ne ospiterà la prossima edizione nella quale Casillas e i suoi rimetteranno in gioco la coppa. La Spagna campione del mondo gioca un po' come il Brasile di altri tempi, un bel gioco che non cambia qualunque sia l'avversario che ha di fronte. Lo pensa l'ex fuoriclasse Tostao, compagno di squadra di Pelè nella Selecao e oggi commentatore sportivo: ma è la sintesi dell'opinione generale della stampa brasiliana. E ai complimenti si allinea anche un altro grande ex del passato: proprio quel Cruijff al quale i giovani olandesi erano stati associati. In un'intervista al quotidiano catalano «El Periodico», l'ex fuoriclasse del calcio olandese ha detto che l'Olanda ha giocato in modo «triste e, purtroppo, molto sporco. Ha uno stile brutto, volgare, duro». Forse condizionato dal suo recente passato sulla panchina del Barcellona Cruijff c'è andato giù pesante con i suoi giovani connazionali criticando anche la benevolenza dell'arbitro Webb: «Avrebbe dovuto espellere due giocatori olandesi». Giusto, ma probabilmente avrebbe cambiato poco.  

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