Spagna campione del Mondo
Nuova per queste scene, mai il Mondiale di calcio si era trovato a vivere una finale tra due squadre europee, lontana dal vecchio continente. Qualche nostalgico guarderà con tenerezza al confronto addirittura tra due monarchie, sia pure all'acqua di rose in rapporto a poche mai rimpiante. Per gli spagnoli, che figuravano comunque in prima linea tra le più quotate pretendenti alla corona sudafricana, è la prima finale della storia, mai significativa a questi livelli. Le statistiche indicano una semifinale, nel carnet delle furie rosse, in realtà avevano partecipato al gironcino di chiusura della prima edizione del dopoguerra, in Brasile, senza interferire nel duello sudamericano, con il trionfo degli uruguagi nel Maracanà piombato in depresssione. Facile intuire quale possa essere l'intensità delle motivazioni per una Nazionale che negli ultimi tre anni e mezzo aveva perduto una sola partita, con gli Usa alla Confederations Cup, che aveva vinto tutte le partite di qualificazione dopo avere conquistato il Campionato d'Europa, che ora diventa la tredicesima finalista del massimo evento calcistico, e potrebbe diventare l'ottava a fregiarsi del titolo. Finora il Mondiale lo hanno monopolizzato, nell'ordine, Brasile, Italia, Germania, Argentina, Uruguay, con occasionali incursioni di Inghilterra e Francia. Anche l'Olanda, però, ha dalla sua stimoli fortissimi, è alla sua terza finale, le altre due le ha giocate, e perdute, contro la formazione padrona di sasa. E se quell'Olanda che negli Anni Settanta aveva destato unanime ammirazione come espressione sublime del calcio totale, da molti predicato ma da pochi messo in atto, ha poco da recriminare per la vittoria tedesca all'Olympiastadion, ha ancora il dente avvelenato per i soprusi sofferti a Buenos Aires quattro anni dopo. In quell'occasione, per servilismo o peggio nei confronti della banda sanguinaria in tribuna d'onore, l'arbitro Gonella, che fatico a definire italiano, perpetrò ogni genere di ignominia a danno degli olandesi, che hanno tutte le ragioni per sentirsi in credito con la sorte. Finora trionfale la marcia di avvicinamemto degli «orange» a questa finale, sei vittorie, ruolino immacolato, tra gli scalpi anche quello del Brasile che per tutti era punto di riferimento fisso in tema di pronostici. La Spagna ha cominciato con un passo falso imprevedibile, rompendosi la testa contro la muraglia svizzera, poi però non ha più mancato un colpo, senza goleade come quelle tedesche però senza soffrire realmente nelle vittorie con Honduras, Cile, Portogallo, Paraguay e infine Germania, punteggi misurati ma pieno rispetto dei dettami del campo. Non è una sfida facilmemte decifrabile, gli olandesi hanno onorato il loro passato mostrando solida coesione di organico e felice disposizione tattica, che non sarebbero stati tuttavia sufficienti a centrare il traguardo senza le illuminazioni di Sneijder, candidato a sorpresa perfino al Pallone d'Oro, e di Robben quando ha recuperato dal guaio muascolare che lo aveva costretto a forzato riposo. La Spagna è in chiara superiorità numerica se si fa la conta dei fuoriclasse, Andres Iniesta e Xavi su tutti, ma basta pensare che Cesc Fabregas parte in panchina per valutare lo straordinario livello generale. Ai problemi che tengono ai margini il miglior Torres rimedia David Villa, ultima deletaria spingarda sul ponte della corazzata del Barcellona. Ci sarà anche l'Italia, al maestoso Soccer City: ma soltanto per riconsegnare il trofeo vinto quattro anni fa e così poco onorevolmente difeso.