Orange di rabbia

Non è la prima volta che accade nella storia, ma questa sconfitta per 2-1 che l'Olanda infligge nella carne viva del Brasile favorito per la vittoria finale lascerà un segno indelebile nella storia sportiva delle due nazioni. La sceneggiatura del match è un inno all'imprevedibilità del calcio, visto che il Brasile, una volta in vantaggio, avrebbe dovuto essere nelle condizioni più favorevoli. Il primo tempo mostra la forza dei sudamericani di fronte a una Olanda tecnica, motivata ma che subisce lo strapotere fisico (proprio così) dei brasiliani. Anche dal punto di vista tattico gli allievi di Dunga giocano con gli avversari come il gatto con il topo, e il gol di Robinho al 10' ne è la dimostrazione. I centrali orange Mathijsen e Heitinga abboccano come pesci al doppio movimento ad uscire di Luis Fabiano e di Dani Alves, in mezzo si aprono le acque del Mar Rosso e Felipe Melo ha agio di infilarvi l'invito per Robinho. Il talento che litiga spesso con Mancini e mai con il pallone non ha problemi ad infilare Stekelenburg firmando l'1-0. A questo punto tutti si aspettano un Brasile dilagante con le sue ripartenze micidiali ma il calcio si diverte a smentire l'ovvio. Sarà che Kakà continua ad essere un pallido fantasma, sarà che gli olandesi sono mai vinti, ma all'intervallo il punteggio è ancora sull'1-0 e il Brasile non chiude, nonostante il tentativo al 31' di Kakà e il destro insidioso di Maicon allo scadere. Tristi presagi si addensano come nuvole nere sul destino del Brasile. La ripresa concretizza i peggiori incubi per le vie di Rio quando al 53' Felipe Melo spizza di testa un innocuo traversone di Sneijder mandando fuori tempo l'uscita di Julio Cesar e firmando una clamorosa autorete, 1-1. Il Brasile sbanda, perde certezze, non riesce a riaversi e l'Olanda prende coraggio. Robben sgomma dalle parti di Bastos, Kuyt è una spina infilata nelle spalle di Maicon e al 68' Sneijder firma di testa il sorpasso. Corner di Robben sul primo palo, Kuyt la tocca e Sneijder batte il suo compagno interista Julio Cesar. Il 2-1 è una mazzata tremenda sul morale del Brasile che perde la testa. Dunga di dimena nel suo strano pastrano che lentamente assomiglia sempre più al cappotto in cui Napoleone cercava rifugio dopo la disfatta della Beresina. Il primo a cedere è Felipe Melo che al 73' scalcia malamente e poi calpesta l'imprendibile Robben, vero re di questo mondiale così scarso di fuoriclasse. L'arbitro non può non sventolare il cartellino rosso per il mediano juventino che chiude così una stagione fallimentare. In 10 il Brasile ci prova ma solo su corner riesce ad avvicinare Stekelenburg che però non capitola. All'88' una punizione di Dani Alves si infrange sulla barriera definendo l'impotenza verdeoro. Dunga è pronto per il martirio mediatico.