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I fantasmi di Capello

La svista dell'arbitro sul gol inglese

"Sarebbe stata un'altra partita"

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La storia non dimentica, il calcio ancora meno. Quarantaquattro anni dopo la Germania restituisce agli inglesi la beffa subita nella finale di Wembley. Ieri gol fantasma nel momento decisivo dell'ottavo di finale in Sudafrica: episodio molto simile a quello che consentì nel 1966 ai britannici di alzare la Coppa Rimet in casa e davanti alla regina in delirio e proprio contro i tedeschi. Buono quello di Lampard ieri, così come inesistente quello di Hurt nel '66. A Bloemfontein accade l'episodio che sconquassa tutto, manda in tilt gli inglesi e dà a Capello un alibi d'oro per un'eliminazione che molto probabilmente sarebbe arrivata lo stesso. Comunque anche il «fenomeno» friulano torna a casa: fuori dal Mondiale. Il ct dell'Inghilterra paga le sue scelte immobiliste, un «nocciolo duro» molto più vecchio di quello tedesco e la severità di un popolo, quello inglese, da sempre convinto di dover esser sul tetto del mondo per diritto divino. E invece anche loro, come noi d'altronde, devono fare i conti con il declino per certi versi inevitabile di un calcio che continua a cambiare e lascia a piedi chi non si adegua. I grandi club inglesi che hanno monopolizzato per anni il calcio europeo, faticano a restare al passo con i tempi e molti sono addirittura sull'orlo del crac finanziario. Il Liverpool, tanto per fare un esempio, è costretto a vendere i suoi pezzi migliori per non fallire: sorte più o meno simile per Portsmouth e West Ham. Serviva il ritorno a una grande competizione internazionale, dopo aver saltato gli Europei del 2008 (l'Inghilterra non si qualificò e da lì partì l'era Capello). Serviva per rianimare un movimento che ha un grande bisogno di rinnovo e di aprire davvero le porte Oltremanica. Il mondiale sudafricano così, invece di far da volano al «movimento», ha riportato i sudditi della regina con i piedi per terra: il calcio moderno è un'altra cosa. Non è bastata quindi la grinta e l'antipatia di Capello per riportare in vita un'Inghilterra in preda alla classica crisi di nervi e ora di nuovo davanti a una scelta fatale: mandar via il tecnico friulano o dargli fiducia fino al 2012? È il grande dilemma che attanaglia gli inglesi, aspettando il rientro in patria di una comitiva che sarà molto prababilmente accolta più in stile francese (caos totale con salto di teste graduate e convocazione «punitiva» di Sarkozy) che non in quello italiano (indifferenza totale e qualche insulto in aeroporto ma niente di più). Chi invece ha capito tutto è la Germania: 4-1 agli inglesi e un posto buono per i quarti di finale contro l'Argentina. Proprio i tedeschi, incredibile ma vero, ci danno una lezione e non solo di storia. Ci spiegano come in una società moderna e multirazziale come quella attuale, piuttosto che «chiudere» all'integrazione, bisogna «aprire». Sfruttarla (in senso positivo ovviamente), salire su un carro che porta uomini e nomi nuovi: molti di talento. E non è un caso se i primi due gol che hanno di fatto messo in ginocchio l'Inghilterra portano la firma di Klose e Podolski: due con chiare radici polacche. O vogliamo parlare di Boateng? Passaporto ghanese con tanto di fratello in nazionale. O di Ozil che non ha mai nascosto le sue origini turche. Aveva strappato battute, all'inizio del torneo sudafricano, l'utilizzo da parte del ct tedesco Loew del brasiliano Cacau: ma alla fine hanno avuto ragione loro. Questa è la società e il calcio invece di cercare ancora una volta di viaggiare inutilmente sopra le righe, deve integrarsi e accettare le nuove regole. Probabilmente anche Lippi avrebbe fatto un'altra figura, nonostante tutto, se avesse potuto utilizzare giocatori del calibro di Thiago Motta, Amauri, Ledesma, Taddei: gente che vive in Italia, gioca nel nostro campionato e darebbe chissà cosa per poterci rappresentare in giro per il mondo. Magari l'integerrimo viareggino avrebbe lasciato a casa anche loro, ma almeno avrebbe avuto una scelta in più. Il futuro è questo nonostante ciò che si ostina a sostenere la Lega che sogna un campionato diviso per regioni con giocatori disponibili solo per le squadre delle proprie città di nascita: ma dai... Perché è vero che nello sport l'importante è partecipare, ma qualche volta anche vincere. Chiedere a Loew!

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