L'indifferenza è lo specchio del fallimento
Staseral'ottavo di finale forse più ricco di fascino, la sfida tra Germania e Inghilterra richiama alla memoria quella finale del '66 a Wembley, quando un guardalinee russo, tale Bakhramov, aveva consegnato agli inventori del calcio il primo, e finora unico, titolo mondiale della storia. Il palmares dei tedeschi parla di tre vittorie, meglio di loro hanno fatto soltanto Brasile e Italia, oggi il confronto è molto aperto, i resti del nostro tifo sostengono Fabio Capello, uno di casa, visto che ormai agli Azzurri è stata riservata perfino una contestazione tiepida e svogliata. Del resto in questi tempi di crisi nessuno aveva voglia di sprecare pomodori succosi, quelli che Fabbri si era beccato dopo la Corea. L'altro ottavo, quello del pomeriggio, promette più alto tasso stilistico, al Messico servirebbe un'impresa autentica per avvilire le ambizioni dell'Argentina, tornata in pole-position nella corsa al titolo. L'Uruguay è già tra le migliori otto, quarant'anni dopo Messico '70. Va ad occupare la prima casella dei quarti nel settore meno nobile del tabellone, strani alti e bassi nella vittoria sui coreani, domati infine dalla doppietta di Luis Suarez. Del giovane attaccante si diceva sapesse segnare soltanto nell'Ajax, per ora i suoi tre gol al Mondiale tengono in corsa la «celeste». Sotto di un gol, gli asiatici hanno dominato a lungo nella ripresa, ha regalato il pari l'unica incertezza di Fernando Muslera in questo Mondiale. E soltanto allora gli uruguagi si sono riscossi dal torpore, li ha premiati il capolavoro balistico di Suarez. L'Africa è ancora viva, spegne il sogno degli Stati Uniti, non basta agli americani il sostegno, in tribuna, di Bill Clinton e addirittura di Mick Jagger. Decide, nel primo tempo supplementare, un gol spettacolare del solito Gyan, anch'egli a quota tre. I ghanesi avevano cominciato alla grande, vantaggio con Kevin, il Boateng patriota, poi le risorse atletiche degli statunitensi hanno messo alle corde i rivali, raggiunti su rigore da Donovan. Ma alla fine, grazie anche agli inserimenti dei vecchi amici Appiah e Muntari, il Ghana ha difeso l'ulteriore vantaggio fino in fondo, e con merito indiscutibile.