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Questo Mondiale sembra un "western"

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La chiamano Africa del Sud ma questo «mundial» non ha nulla di meridionale: è un «western», un giallo, una storia alla Edgar Wallace o alla John Ford. Noi europei, salvo qualche eccezione, ci siamo andati senza che ci sfiorasse il dubbio di cadere in una trappola, tesa non dagli uomini ma, chissà, dal fato, dal clima, dalla stagione a rovescio. Ci siamo caduti dentro, sedotti dalla meravigliosa favola di Nelson Mandela e dall'esotismo del primo grandioso evento sportivo organizzato dal cosiddetto Continente Nero. Ed è cominciato questo «western», questo perfido e affascinante giallo, proprio con l'assenza forzata dal Grande Vecchio, impegnato ai funerali di una pronipote appena travolta da un incidente stradale, proprio il giorno che doveva issarsi, faticosamente, a 92 anni, in tribuna per inaugurare il «suo» campionato del mondo. Non ci abbiamo badato, ci siamo detti che era solo una triste coincidenza, e invece no: era il prologo del giallo, del «western». E difatti, i colpi di scena sono cominciati subito, alla prima giornata di gare: Sud Africa bloccato dal Messico, Francia dall'Uruguay, e il giorno dopo, Inghilterra costretta incredibilmente a dividere la posta con gli Stati Uniti, dove non sanno nemmeno cosa sia il calcio, perché lo chiamano «soccer».   È continuata così fino al culmine del film, domenica scorsa si sono rotti gli argini. All'ora di colazione, la Slovacchia di Hamsik (chi l'ha visto?) si è liquefatta dinanzi al Paraguay, diciamo la cenerentola della leggendaria scuola sud americana, ma alle ore 16, tempo di digestione, gli azzurri non sono riusciti a digerire quella della Nuova Zelanda, dove il campionato di calcio contempla solo 8 squadre; anzi, hanno sudato mille camicie per recuperare il gol, segnato (con un fallo) da Smeltz, grazie ad un rigore battuto da Iaquinta alla mezz'ora. Il resto del pomeriggio è stato stravolto da una singolare, assurda, inspiegabile decisione di Lippi, che, non essendosi accorto della favorevolissima piega che stava prendendo la partita perché la sua formazione azzurra iniziale aveva recuperato il pieno la chiave tattica della gara e stava mettendo con le spalle al muro i figli di Oceania, nell'intervallo ha scambiato tutto.   Pepe, uno dei più svelti e combattivi dei nostri ragazzi, è stato lasciato negli spogliatoi per cedere il posto ad un Camoranesi convalescente e sofferente; Marchisio restava in campo fino al 16' per essere sostituito da un Pazzini privo d'idee e di palloni proprio come Gilardino; e Di Natale finalmente entrava in campo per confermare, drammaticamente, che è il più grande cannoniere del campionato ma in Nazionale non becca una palla. Sì, ma l'inaccettabile pareggio con la Nuova Zelanda non restava l'unico mistero del giallo. Nel quartier generale francese, scoppiava l'iradiddio perché Anelka litigava con il ct Domenech affidando all'«Equipe» la trasmissione letterale delle sue insolenze da facchino del porto, mentre Evra veniva alle mani con il preparatore atletico. In serata, pareva che il formidabile football della Nazionale brasiliana contro i derelitti rappresentanti della Costa d'Avorio dovesse suggellare un trionfo tecnico, quando - a pochi minuti dalla fine - si registrava un parapiglia tra i giocatori delle due squadre e il povero Kakà veniva espulso. E fino all'11 luglio si replica.  

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