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L'Italia non c'è più

Marcello Lippi, ct della nazionale italiana di calcio

Lippi solo contro tutti

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Non sparate sul pianista! O meglio, non sparate «solo» sul pianista. Nel senso che Lippi, come già detto e scritto, ha tutte le colpe del mondo avendo, almeno finora, sbagliato tutto il possibile. Ma è altrettanto vero che la crisi del calcio italiano è tutt'altro che iniziata con l'avventura in Sudafrica. E non serve dire che l'Inter ha vinto la Champions League, perché i nerazzurri di italiano hanno solo i massaggiatori: oltre al redivivo Materazzi (altro campione del mondo in pensione) usato come palliativo alle proteste nazionali contro lo strapotere esterofilo del gruppo targato Mou.   Così viene da sorridere quando il presidente della Figc Abete, al capezzale dell'amico Marcello, cerchi in qualche modo di arginare quella che è divenuta ormai una sorta di sommossa popolare. Perché in fondo tutti nel Belpaese vogliono la stessa cosa: che l'Italia vada avanti in questo mondiale e che se la giochi alla pari con le altre grandi del torneo. Siamo Campioni del Mondo e sapevamo benissimo che confermarsi sulla vetta del mondo sarebbe stato ancora più difficile, ma rischiare di uscire o dover far calcoli in un girone come quello che l'urna amica di Città del Capo ci ha assegnato, è davvero troppo. L'Italia in preda all'ansia ma convinta di passare la prima fase del Mondiale paga lo scotto di un calcio in deficit tecnico: in Europa, ma soprattutto in casa. Parte così l'arringa di Abete che, come Lippi il giorno prima, fa mea culpa. «Comunque vada questo Mondiale, dovremo fare una riflessione sulla qualità del nostro calcio: il vero problema è quello». Detta così sembra un'ovvietà se non fosse che il medico al quale toccherà il paziente-Italia è proprio lui: o almeno lui è il professore a capo dello staff medico che dovrà rimettere in piedi un Paese dove il calcio, nel corso della sua storia, è stato sempre qualcosa più di un semplice sport. «Non è irreparabile, non è la fine del mondo» si sbriga a sottolineare il numero uno del calcio italiano che prova ad allargare il discorso.   «Se guardate a questo Mondiale vi accorgete della difficoltà di tutto il calcio europeo: tra Spagna, Francia, Inghilterra, Germania e Italia, una sola vittoria, tre pareggi e tre sconfitte. A parte l'Olanda, qui finora sorride solo il calcio centro e sudamericano». Della serie mal comune mezzo gaudio. Il problema invece resta ed è legato, come sempre purtroppo, ai soldi. I budget dei colossi europei sono molto più alti di quelli delle squadre italiane e i parametri sono inevitabilmente collegati: non solo dalle competizioin europee ma da un mercato ormai globale. Inutile prendersela con l'Inter che continua a spendere e vincere alla faccia del passaporto. E chissenefrega se tra gli undici titolari non c'è un italiano, semmai il problema era e resta di Lippi o di chi dopo il Sudafrica si ritroverà in mano le redini della nazionale: ossia Cesare Prandelli. Anche se poi alla fine è sempre una questione di scelte e quelle di Lippi sono sembrate, sin dall'inizio, sbagliate. Una cosa è certo però, con Totti, Del Piero, Cassano e Balotelli questa Italia avrebbe avuto tanta qualità in più e visti i risultati non avrebbe di certo fatto male... a nessuno. Lippi compreso!  

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