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Mistero Nordcorea

Il Ct della Corea del Nord Kim Jong-Hun

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A volte le parole nascondono crudele ironia. La denominazione ufficiale della Corea del Nord è Repubblica Democratica Popolare di Corea, mentre l'uomo che la governa, Kim Jong-Il, è chiamato «Caro leader». Formule che richiamano una moderna «Pleasantville». Paradossalmente, però, pare che ogni anno i tentativi di fuga da questo paradiso in terra siano migliaia. Così, quando i responsabili Fifa hanno ricevuto dalla Nazionale coreana la distinta dei giocatori che avrebbero affrontato il Brasile, e ne hanno contati 19 anziché 23, tutti hanno pensato che i quattro assenti avessero colto l'occasione per far perdere le loro tracce e chiedere asilo politico a qualche altra nazione. Non sarebbe stato neanche il primo caso del genere. Da sempre gli eventi sportivi, che i regimi sperano di trasformare in propaganda, diventano autogol, con atleti che scappano oppure svelano le terribili condizioni di vita nel loro paese. È successo nel 2001, quando la pallavolista cubana Tai Aguero, mentre era impegnata in Svizzera con la sua Nazionale, scappò in Italia dove ottenne asilo e una nuova cittadinanza. Stesso destino nel 1989 per Nadia Comaneci, ginnasta romena scappata negli Usa per sfuggire alla dittatura di Ceausescu. Ed è diventato addirittura fenomeno «di massa» nel 2002, quando i Giochi del Commonwealth in Inghilterra divvennero occasione di fuga per 21 atleti della Sierra Leone, 5 del Bangladesh e uno del Pakistan. Nel caso in questione, però, il mistero è sembrato risolversi in fretta. Il portiere Kim Myong Won, i centrocampisti Kim Kyong Il e Pak Sung Hyok e l'attaccante An Chol Hyok non sarebbero scomparsi ma la loro assenza dalla distinta ufficiale sarebbe legata a degli infortuni. La misteriosa delegazione coreana ha fatto poco per dipanare la matassa, trincerandosi dietro il silenzio e lasciando alla Fifa il compito di smentire ogni fuga. Ma i punti oscuri restano. Nel pomeriggio di ieri, infatti, era stata convocata una conferenza stampa dell'allenatore coreano per spiegare i dettagli della vicenda. Alla fine è stata annullata, ma i giornalisti hanno potuto assistere per la prima volta a un allenamento dei coreani nel centro di Tembisa. A filmare gli stessi giornalisti c'erano alcuni eleganti signori con gli occhi a mandorla e senza il pass Fifa. Si trattava degli agenti segreti del regime coreano, che peraltro non avevano mai fatto mistero della loro presenza e che forse sono lì proprio per evitare fughe dal regime comunista. Prima di essere nuovamente cacciati, gli uomini dei media hanno contato i giocatori in campo. Erano 24, addirittura uno in più di quelli che sarebbero dovuti essere... Chissà, in ogni caso, che non ci sia qualche altro tentativo di fuga nell'intervallo delle prossime due partite, nello stile di «Fuga per la vittoria». Per i calciatori nordcoreani, intanto, almeno una soddisfazione: con «appena» 17 ore di differita, la tv di Stato ha trasmesso la loro sconfitta di misura col Brasile. Dopo riunioni-fiume, i responsabili della propaganda avranno giudicato onorevole la prestazione dei loro «soldati» di fronte a Kakà e Maicon.

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