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Adesso paro io

Marchetti in conferenza stampa

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CENTURION - Portiere per caso, vivo per un soffio di fortuna. Un'esistenza controcorrente, e Federico Marchetti a 27 anni si trova titolare dei campioni del mondo. Quelli che quattro anni fa, lui portiere della Biellese, seguiva a casa dalla tv . «Non capita a tutti di poter raccontare "ho visto vincere un Mondiale"», dice oggi. Figurarsi giocarlo, per un ragazzo veneto impastato di famiglia, valori e religione. E legato nel profondo alla sua terra, nonostante gli attacchi di Radio Padania. «Tifo contro? Io so solo che dalle mie parti, a Cassola, noi ragazzi non vedevamo l'ora di un Mondiale per tifare Italia. Saranno altri tempi, eppure non sono così vecchio...», racconta il portiere che dovrà indossare i guanti di Buffon al Mondiale, adattati alla sua taglia, 10.5. Bassano del Grappa - ora a maggioranza politica di centrosinistra, ma con forte presenza della Lega - poi, ProVercelli, Treviso, Torino, Biellese. Il calcio di provincia Marchetti l'ha percorso in lungo e in largo tra Nordest e Nordovest. Tutto partendo da Cassola, la prima squadra e la maglia nera: «Era un pomeriggio di pioggia, nessuna mamma aveva avuto il coraggio di mandare i figli, mancava il portiere: chiesero chi voleva andare tra i pali, io l'avevo fatto nel giardino di casa con mio fratello e dissi perché no: da allora mi è scattato qualcosa». Ora che lo accostano alla Juve sottolinea cosa lo lega alla sua terra, e quanto gli deve. «Sono i ricordi, gli amici, le radici - risponde a chi gli chiede cosa c'è di padano nella sua testa e nella suo volontà - lì ci sono la mia famiglia e i miei valori: sono andato via ragazzino, ma non fossero così forti quei legami, non avrei superato momenti difficili della mia vita, e ne ho avuti tanti». Li ricorda con naturale emozione, trattenuta solo da un'educazione alla semplicità anch'essa molto veneta. «Cinque anni fa eravamo in auto due miei compagni e io: un terribile incidente d'auto, ho visto la morte in faccia - dice mentre nell'aula di Casa azzurri cala il silenzio - a quel punto ti scatta qualcosa che non so spiegare, e te lo porti dentro per sempre». Soprattutto per gli amici: «Ho perso altri due amici in incidenti d'auto, e poi morì la fidanzata di uno di loro: sembravamo perseguitati dal destino - aggiunge - chi mi ha aiutato ad uscirne? Ci siamo aiutati da soli». Con tenacia, forza d'animo, silenzio, perché Marchetti lo sa: specie per un portiere «conta più parare che parlare». Magari pregare, lui che si definisce «religioso e praticante» e che si è fatto tatuare un'Ave Maria intera in caratteri particolari, «ma che non c'entrano per nulla con Zarathustra: io sono cristiano». Inevitabile il paragone con Buffon. «Lui è completo, ha tecnica, è veloce. Io sono molto muscolare, esplosivo. E non ho paura». Impossibile, visti i ricordi, averne per palloni e papere. «Ho visto quella dell'inglese Green, brutta cosa. Ma un portiere lo sa: quando va in campo di è solo e se non c'è il palo ad aiutarti è finita».

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