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Pepe pizzica: "Dove sono i fenomeni?"

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I nomi sono conseguenza delle cose, dicevano gli antichi romani, che pure l'azzurro Pepe non lo avevano mai visto giocare. Fatto sta che dopo avere dato retrogusto piccante in campo ad una squadra vagamente insapore, l'esterno dei Castelli capitolini ha regalato la prima conferenza stampa politicamente scorretta del Mondiale italiano. Non le solite banalità da dizionario del bravo giocatore in trasferta, ma pareri veraci come la cittadina attaccata a Roma dalla quale proviene, Albano. «Io in giro - esordisce Pepe - tutti questi fenomeni al Mondiale non li ho visti. Il Brasile ad esempio: certo è passato con una gran giocata di Maicon, ma il portiere coreano ve lo raccomando. Anche l'Argentina: poteva segnare di più, ma ha rischiato di prendere due-tre gol in contropiede». E allora? «Allora - gonfia il petto Pepe - tra i migliori finora mi sembra ci siamo anche noi». È un peccato d'orgoglio comprensibile, in uno che partito dalle giovanili della Roma è passato al Teramo in C1 e si ritrova con un presente mondiale e un futuro juventino. «A proposito, prima della partita col Paraguay De Rossi m'ha detto "ricordati da dove siamo partiti". Mi sono venuti i brividi, non me l'aspettavo. Anche perché io quei tempi in cui giocavamo nei giovanissimi ce li ho ben presenti: lui addirittura andava in panchina, fino agli allievi nazionali era una riserva. In campo andava Ausoni, chissà che fine avrà fatto. Quanto a sè, si sente cresciuto come realizzatore («taglio di più verso la porta»), ma visto che lo chiamavano Tottino chiarisce che non ritiene pertinenti certi paragoni. «Semmai ricordo Di Livio, ma mi accontenterei di fare un quarto della sua carriera. Certo, l'ultimo mese mi ha cambiato la vita».  

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