Champagne senza bollicine per Domenech
Maalmeno la sessione pomeridiana aveva assicurato palpiti e divertimento, quella serale è da dimenticare. Bruttissima esibizione tra Uruguay e Francia, una sola palla da gol, sciupata da Forlan, francesi invano in superiorità numerica nel convulso finale. Del resto, se Domenech lascia in panchina per un'ora e un quarto Malouda, merita di andare a casa in tempi brevi. Cose buone da Diaby, troppo poco. Avrebbe potuto essere completa, la festa dei Bafana Bafana, ai quali va stretto il pari della gara di apertura, non succede spesso, anzi quasi mai, che alla squadra ospitante venga negato un limpido rigore, dopo che Tshabalala aveva siglato il vantaggio con un sinistro da titoli di testa. La cicala messicana aveva dominato il primo tempo, senza minimamente curarsi delle scorte per l'inverno. Quando i sudafricani si sono scrollati di dosso il peso di una grande, comprensibile emozione, la partita è passata nelle loro mani, prima e dopo il pareggio siglato da Rafa Marquez l'errore arbitrale, ma anche il palo colpito da Mphela. Nel finale, Aguirre ha riproposto il mago Cuauhtemoc Blanco, trentotto anni e non sentirli, mai una giocata banale. A conti fatti, però, avrebbe meritato i tre punti il Sudafrica che la vecchia volpe Carlos Alberto Parreira ha disposto con ammirevole sapienza tattica. Stasera appuntamento con la storia. Di più, con una leggenda. Sessant'anni fa, a Belo Horizonte, gli Stati Uniti centrarono la più clamorosa delle sorprese, battendo i maestri dell'Inghilterra. A segnare il gol decisivo un ragazzo haitiano, adottato dai nordamericani, Joe Gaetjens, che tornato nella patria di origine sarebbe stato trucidado dai sicari di Duvalier, il sanguinario Papa Doc. Di qui la suggestione che accompagna il nuovo scontro, assai meno squilibrato rispetto a quello del primo Mondiale del dopoguerra, tra inglesi e statunitensi. Banco di prova non tanto tenero per l'esordio di Fabio Capello e dei suoi campioni, forse però più impegnativo il passo di entrata dell'Argentina di Maradona, vero che la Nigeria ha perso molto della vena felice di qualche anno fa, però respira aria di casa e promette battaglia. E intanto gli Azzurri, come «er Cinicia» del vecchio Tifone, s'allenano, s'allenano.....