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"I premi dei calciatori arrichiscono il fisco"

Il presidente della Figc Giancarlo Abete Giancarlo Abete

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Hanno aspettato una giornata i vertici del calcio per intervenire. Poi, con garbo ma anche con molta fermezza, hanno mandato a dire al ministro leghista Roberto Calderoli che la sua proposta-invettiva contro il calcio e i super ingaggi da tagliare per aiutare il fisco faceva acqua da tutte le parti. Specialmente per quel che riguarda i premi che verrebbero dati ai nostri nazionali in caso di vittoria ai Mondiali. Come ha spiegato all'esponente del Carroccio il sottosegretario allo sport Rocco Crimi. «Come accaduto per il Mondiale del 2006 – ha osservato – l'eventuale premio ai giocatori della Nazionale deriverebbe da un contributo della Fifa e non graverebbe sulle tasche degli italiani. Piuttosto sono d'accordo con la proposta di Calderoli di porre un tetto agli ingaggi dei calciatori». Dal mondo del pallone il primo a intervenire è stato il presidente della Federcalcio Giancarlo Abete. «È un dibattito più di politica che di sport in senso stretto, noi siamo in linea con la politica di gestione dei costi del Coni e su questa linea vogliamo andare avanti». Poi è arrivato l'affondo: «C'è molta attenzione sul versante fiscale. Se la Federazione determina un premio a un giocatore è un reddito a 360 gradi e determina la tassazione. Sul versante fiscale dobbiamo dire che avere dei giocatori che guadagnano bene vuol dire anche avere la certezza di introiti per lo Stato». Infine la polemica sugli stipendi dei calciatori. «Ingaggi alti nel calcio italiano? Non esistono delle realtà che riescono a competere a livello internazionale senza reggere i ritmi degli altri paesi. I nostri club, anche senza gli introiti derivanti da stadi e marchi riesce a competere con squadre come Real, che ha 400 milioni di fatturato o il Barcellona che ne ha 300. Bisogna mantenersi a livello di target internazionali, l'importante è che non ci siano risorse pubbliche. Se noi abbiamo grandi famiglie di imprenditori privati come Moratti, Berlusconi, Agnelli, Della Valle, De Laurentiis che investono nel calcio dobbiamo soltanto ringraziarli. Teniamo conto che se l'Italia avesse a 360 gradi la stessa competitività del calcio e dello sport ci sarebbe qualche problema in meno». Sulla stessa linea anche il presidente del Coni, Gianni Petrucci. «Il calcio è un mondo professionistico fatto di domanda e offerta – ha spiegato – Rispetto le idee del ministro Calderoli, ma condivido le parole del presidente della Federcalcio, Giancarlo Abete. Bisogna ricordare che il calcio è un mondo privatistico, con le società che pagano le tasse allo stato al 50%, ed è di fatto autosufficiente. Il Coni, con la Federcalcio in testa, ha avviato da tempo una politica di contenimento dei costi. Detto questo, ribadisco che il calcio, così come i Mondiali, sono autosufficienti». Ma anche il mondo politico ha reagito con fastidio alla provocazione di Calderoli. La prima tirata d'orecchie è arrivata da Mario Pescante, deputato Pdl e vicepresidente del Cio, il Comitato olimpico internazionale: «È comprensibile da chi copre un ruolo istituzionale il tentativo di responsabilizzare tutte le categorie in un momento di crisi ma credo che questa volta Calderoli abbia ecceduto in demagogia e populismo». E anche Pescante non ha rinunciato a una nota polemica, sottolineando come i soldi che guadagnano i calciatori provengono «dal settore privato» e che forse per i sacrifici bisognerebbe guardare ad altri settori, come quello dello «spettacolo», dove ci sono esempi di presentatori Rai che hanno ricevuto «liquidazioni milionarie» con «denaro pubblico». Ma le critiche del ministro della Semplificazione hanno provocato anche l'intervento del presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni: «Francamente mi sembra un po' strana la proposta di Calderoli. Premesso che mi sembra giusto che anche i calciatori debbano sopportare la loro parte di sacrifici mi sembra un po' strano entrare in un rapporto tra privati». «Calciatori e società – ha concluso – sono due enti privati che regolano il loro rapporto come meglio credono».

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