Adesso basta con vecchiume e pregiudizi
Adessofinalmente la smetteremo di etichettare la Nazionale con lo scomodo marchio del vecchiume. Che io ricordi, la storia non suggerisce precedenti all'annuncio della sostituzione del tecnico azzurro in carica, alla vigilia di un Campionato del Mondo: nel quale il titolare, Lippi Marcello da Viareggio, difende il titolo conquistato quattro anni fa a Berlino. Non esistono, in realtà, appigli per gridare allo scandalo, una volta che l'attuale cittì aveva pubblicamente espresso la sua decisione di rinunciare al mandato dopo la conclusione dell'avventura in Sudafrica. Curioso, magari, che l'immediata investitura del successore abbia obbligato al cambio della guida tecnica la Fiorentina, che con Cesare Prandelli aveva avviato un progetto importante, con risultati eccellenti nelle ultime stagioni. Dovrà gestire, il nuovo responsabile, l'avvicinamento alla fase finale del Campionato d'Europa del 2010, da giocare nell'Est continentale grazie all'ennesimo fallimento politico, che non sarebbe stato neanche l'ultimo, dei dirigenti italiani. Nell'ascoltare i commenti entusiastici non soltanto di Lippi, ma anche di altri protagonisti degli anni azzurri, come Sacchi e Donadoni, confesso di invidare le loro certezze sul bu on esito dell'operazione. Nel premettere illimitata stima personale nei confronti del tecnico Cesare Prandelli, e più ancora dell'uomo Cesare Prandelli, penso che si debba concedere tutti una pausa di riflessione. La storia ci insegna che non sempre i gestori delle formazioni di club, anche a livelli molto importanti, abbiano saputo ripetersi alla guida di una Nazionale. Si tratta, in realtà, di due mestieri diversi: una cosa è programmare e gestire il lavoro quotidiano di un organico, altro è lavorare su un gruppo che si raduna poche volte in una stagione giocata magari, nel suo insieme, con differenti abitudini tattiche. Ha ragione Lippi quando sottolinea l'importanza del gruppo, la speranza è che Prandelli non voglia esasperarlo, questo principio, indulgendo dunque a scelte, ma soprattutto a preclusioni, ispirate a sbalzi di umore.