Se i campioni hanno voglia di strafare

Adessomagari qualcuno se la prenderà col povero Alonso, il quale in effetti continua a commettere errori che non ci si aspetterebbe da un due volte iridato, ma ormai è chiaro che il vero problema della Ferrari non è certo il suo miglior pilota, che anzi ha già messo un bel po' di pezze a una situazione di classifica che senza la sua aggressività in gara sarebbe stata molto peggiore. Il problema è la F10, una macchina nata così così e cresciuta male, vincente solo in certe condizioni - su piste non velocissime e quando la Bridgestone sceglie di portare gomme della mescola più soffice - e sviluppata un po' a casaccio, mezzo copiando le altrui trovate e mezzo a tentoni, senza perciò esaltarne le caratteristiche positive né eliminarne quelle negative. Se Alonso sbaglia, e sbaglia così spesso, è anche colpa di questa macchina che lo costringe a tentare l'impossibile pur di portarla là dove da sola non arriverebbe mai, come dimostrano i mediocri risultati di Massa, che tra l'altro non sarà un fenomeno ma proprio fermo non è. Alonso è latino e orgoglioso. A fare certe figure non ci sta. Ecco perché cade così spesso vittima dell'emotività e della voglia di strafare. Oltretutto, deve ormai essere dilaniato sia dal dubbio di aver fatto, passando alla Ferrari, la seconda grande cavolata della sua carriera (la prima la fece nel 2007 passando alla McLaren), sia dalla pulsione di dimostrare alla stessa Ferrari di non essere stata lei, a fare una cavolata... D'altronde, questo è il destino dei grandi campioni: essere messi sempre sotto pressione dal peso della propria grandezza. A Istanbul, ieri, Alonso non è stato il solo a pagare l'emotività con un grave errore. Altrettanto è capitato a Vettel, il predestinato, che dopo aver dominato Q1 e Q2 s'è fumato la pole position quando il suo compagno di squadra, l'incredibile Webber, gli ha messo l'asticella così in alto da costringerlo a strafare. Per Vettel questo 2010 sarebbe dovuto diventare l'anno della consacrazione e invece s'è ritrovato in casa il nemico meno atteso, perché Webber sembra essere diventato un asso a 33 anni e dopo 9 semifallimentari stagioni di F1. Per lui, come per Alonso, il vero nemico è l'ansia con la quale stanno vivendo l'imprevista situazione in cui si trovano. E l'urgenza di dimostrare, in primis a se stessi, di essere in grado di venirne fuori da vincitori. Già oggi Istanbul ci dirà se hanno qualche possibilità o se, invece, questa stagione crudele li costringerà ad altri errori e altre umiliazioni.