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Dopo Madrid l'anno di Ranieri vale il doppio

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Ammissibile,anche, che il popolo romanista, alla chiusura dei conti, si sia abbandonato ai rimpianti: per quel sogno che era stato a un passo dal materializzarsi, perfino nel corso di quella giornata decisiva che parlava di un destino già scritto, senza possibilità di smentite. Altrettanto legittimo che sia subentrato un pizzico di delusione, dopo l'appuntamento con la storia mancato di fronte alla Sampdoria, non occasionalmente quarta forza del torneo. A mente fredda, però, il cammino della Roma e il suo bilancio consuntivo devono essere valutati in toni trionfali. Perché con esigue risorse, con disponibilità di organico limitate, soprattutto nel momento in cui Claudio Ranieri ha dovuto relegare ai margini alcune delle teoriche alternative, avere tenuto il passo dell'Inter fin sul filo dl traguardo rappresenta un'impresa da custodire nella memoria con riconoscenza pari all'affetto così caldamente testimoniato. Una stagione illustrata da quelle immagini incredibili delle invasioni di campo, del tutto nelle dimensioni del lecito, esibite a Bari, a Parma, a Verona. Certo, dal punto di vista del tifoso, inevitabilmente portato a giudicare poco o nulla di quanto accade oltre i confini del proprio orticello amorevolmente coltivato, qualche rimpianto può affiorare. Dai cinque punti lasciati al Livorno, ai finali sfortunati di Cagliari e Napoli. A patto, però, di non trascurare quante volte i minuti conclusivi avessero prodotto per contribuire a quella incredibile striscia di ventiquattro risultati utili consecutivi che aveva portato la squadra dalla zona retrocessione a un miracoloso primato. Giusto dunque ricordare anche le due sfide con il Siena, i recuperi in extremis in Sicilia, prima a Palermo e più tardi a Catania, la vittoria a Firenze dove la Roma aveva rischiato il tracollo. E ancora i due derby che hanno portato sei punti alla classifica giallorossa, quando i meriti dei laziali erano stati superiori in entambe le occasioni. Senza dimenticare che le frenetiche attenzioni dedicate dall'Inter all'obiettivo prioritario della Champions, infine felicemente messa in bacheca, hanno avuto peso notevole su una rimonta partita da quota zero. Ecco perché sembra doveroso solennizzare questa stagione chiusa a quota ottanta, appena due punti sotto la corazzata che ha conquistato l'Europa e che vanta una collezione di straordinari campioni, le armi di Claudio Ranieri restavano lo spirito di gruppo, la sapienza tattica, qualche invenzione dei geniali interpreti, non moltissimi, a disposizione. Dai quali sarà necessario ripartire, secondo l'assioma per cui chi arriiva secondo deve obbligatoriamente puntare al primato. Ma il tecnico va messo in condizione di poterci almeno provare, a migliorare una posizione già di per sé prestigiosa. Credo sia sotto gli occhi di tutti come le risorse economiche non possano avvicinare quelle dell'Inter, e che se Milan e Juventus sembrano a loro volta legati all'austerity, alle spalle premono gli alfieri del Sud, che vogliono guadagnare posizioni e hanno solide basi per coronare i loro sogni. Ci sarà tanto da lavorare, per trarre utili tangibili dai rami secchi da tagliare, fondamentale che venga allontanata qualsiasi tentazione di privarsi dei pezzi da novanta, attesi in Spagna a braccia aperte: e le braccia sono quelle di Mourinho.

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