I verdetti logici del campionato Ma il futuro del calcio è un rebus
In attesa del galà di sabato sera a Madrid tra l'Inter e il Bayern si può forse azzardare un primo, sommario bilancio del campionato italiano 2009-2010, partendo da un punto fermo. E, cioè, che il nostro maggiore torneo ha avuto una conclusione logica tanto nei quartieri alti della classifica quanto nella zona retrocessione. Le «performances» negative di troppi arbitraggi hanno finito per bilanciarsi, anche se colpiscono, in zona retrocessione, le difficoltà in cui hanno finito per dibattersi Atalanta e Siena, due club di «provincia» (tra virgolette) apprezzati per la competenza e l'equilibrio con cui erano stati abitualmente gestiti. Semmai è diverso, e più preoccupante, il caso del Livorno, società dal glorioso passato che tuttavia è da parecchio tempo alla ricerca di un equilibrio organizzativo e tecnico che la restituisce al suo rango e soprattutto alla passione dei suoi sostenitori. L'ennesimo successo dell'Inter – forse, stavolta, lanciata davvero verso l'en plein della «tripla», come dicono gli scommettitori del Toto – è la conseguenza di una superiorità tecnica e organizzativa che non ha confronti nel nostro Paese. Averle resistito fino all'ultimo secondo dell'ultima giornata di campionato è, perciò, merito straordinario della Roma e soprattutto del suo incomparabile, commovente pubblico. È vero che i Moratti hanno assicurato al club con straordinaria generosità il finanziamento di somme enormi, si dice intorno agli 800 milioni di euro, ma questi capitali sono stati investiti al meglio negli ultimi anni, tesserando giocatori e allenatori di altissimo livello e sagacemente adattabili al gioco della squadra. Mourinho è certamente un grande allenatore, anche se ricorda Tremonti e D'Alema per la sua presupponenza, ma Moratti gli ha messo a disposizione fior di giocatori, da Zanetti e Sneijder, da Maicon e Milito, da Samuel ad Eto'o e Stankovic. Tra le altre squadre che chiudono la stagione con un risultato brillante – la Samp e (attenzione!) due compagini del Sud come il Palermo e il Napoli – soltanto il Milan ha cambiato da due anni strategia, rinunciando ad acquisti clamorosi e magari rassegnandosi anche a qualche clamorosa cessione, fors'anche per un motivo politico comprensibile, e cioè la preoccupazione del presidente Berlusconi di non sfoggiare troppa ricchezza in una fase così drammatica dell'economia. Si capisce, perciò, l'intelligente annuncio di una valorizzazione più accentuata del vivaio attraverso un progetto di potenziamento del Milan-Club Junior, che prevede il coinvolgimento di tutte le scuole calcio (quasi un centinaio), da affiliare al club e dotare di un «kit», ossia un complesso di strumenti e di attrezzature, da destinare all'attività dei ragazzi e al controllo della loro salute. Naturalmente, anche al di fuori dei club Federazione, Lega e mondo politico e giudiziario stanno affrontando i non semplici problemi che crea lo sviluppo del calcio-spettacolo, da una nuova Calciopoli alle drammatiche difficoltà per la creazione di nuovi stadi, dalla tutela dei diritti televisivi alla partecipazione italiana a grandi eventi come gli Europei del '16 o le Olimpiadi del '20. Manca, invece, il lavoro preparatorio di una grande riforma che acceleri la costruzione dei famosi stadi (tranquillità del pubblico e guadagno integrativo col «merchandising») e riorganizzi secondo ragione campionati e calendari. Il crescente entusiasmo delle folle favorirebbe la riforma.