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Verona sembra Testaccio

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VERONA - Piazza Bra come Piazza del Popolo, l'Arena come il Colosseo, il Bentegodi come l'Olimpico. Verona, per un giorno, si è trasformata in Roma. Una città dentro un'altra città: ventimila e rotti romanisti allo stadio e qualcun altro fuori senza biglietto. Una vera e propria invasione, iniziata già da sabato sera, con chi aveva pensato bene di abbinare Chievo-Roma a un bel weekend, e terminata poco dopo il triplice fischio finale di Tagliavento. La fiumana giallorossa ha raggiunto l'apice ieri intorno all'ora di pranzo. Non c'era strada, via, piazza, vicolo, bar, ristorante o angolo di Verona senza almeno un tifoso giallorosso. Potenza di un esodo da mettere nei libri di storia del tifo. Sveglie puntate molto prima dell'alba, poche ore di sonno e poi via, tutti in marcia. In macchina, in pullam oppure in treno o in aereo. L'unico Eurostar che collega Roma con Verona è una succursale della Curva Sud: tutto esaurito e tutti con la sciarpetta o la bandiera della Roma. Chi, invece, deve cambiare a Padova o a Bologna, non è solo ma è in buona e abbondante compagnia. La stazione di Verona Porta Nuova, ad un chilometro dal Bentegodi, è un ritrovo per migliaia di viaggiatori romanisti. L'autostrada, invece, è un lungo serpente giallorosso di quasi 500 chilometri: parte da Roma, attraversa l'Appennino, gira a Modena e arriva fino a Verona. Gli aerei sembrano i tram che portano all'Olimpico: solo tifosi, tifosi e basta. All'ora di pranzo il colpo d'occhio è impressionante: tutto il centro storico di Verona è colorato di giallorosso. Sembra di essere a Trastevere, a Testaccio o alla Garbatella. Ristoranti affollatissimi, taxi introvabili: tanto da indurre chi non è già davanti ai cancelli del Bentegodi ad avviarsi a piedi. Circumnavigazione dello stadio: ogni maglia del Chievo ne spuntano tre della Roma. Tutti dentro, coloro che hanno il biglietto, sparsi in tutt i settori. La curva romanista canta a gran voce e spara un paio di petardi che farebbero la loro figura anche a Piedigrotta. L'incitamento è continuo, incessante. Vucinic e De Rossi, per qualche minuto, fanno credere che il quasi impossibile sia un pochino più possibile. Segna Milito, i tifosi del Chievo esultano mentre per il popolo giallorosso cambia poco. «Che sarà sarà», «la società dei magnaccioni» e via dicendo: il repertorio è quello delle grandi occasioni. Finisce tutto, la squadra intera va sotto la Curva. Qualcuno ricambia andando ad applaudire il pullman giallorosso, poi il lungo ritorno a casa. Lo striscione «c'è chi vive per i tituli e chi per emozionarsi ancora» spiega meglio di ogni altra cosa una domenica così.

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